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La Signora del Mare e la Regina delle Dolomiti - Assi di bastoni #12 di Andrea Scolfaro (tempo di letture 10 minuti).
 
“Ti ricordi da bambino, in via Roma che casino...”

Quando i Figli di Bolzano intonano uno dei loro canti più suggestivi, accompagnato da un applauso ritmato ad arte, la memoria parte per la tangente. E va a scavare nell’anfratto di qualche distinto frammento temporale, legato indissolubilmente al primo Palazzo del Ghiaccio della nostra città.

I più giovani, con il petto gonfio e la tonsilla gorgogliante, cantano quella strofa senza averlo vissuto, quel casino. E non immaginano, nemmeno lontanamente, cosa si siano persi.

I meno giovani, invece, forse non sono a conoscenza di uno degli episodi più singolari avvenuti nella storia dell’Hockey Club Bolzano. E che oggi avremmo il piacere di raccontarvi.

Per farlo, dobbiamo spostare a ritroso, di sessant’anni esatti, le lancette dell’orologio biancorosso.

Stagione 1964-1965

“Ma quella faccia un po’ così. Quell’espressione un po’ così...”

Altre strofe, estratte da “Genova per noi”, uno dei capolavori di Paolo Conte.

Per adesso, non chiedetevi quale attinenza ci sia con l’hockey su ghiaccio. Ma tenetele a mente, prima di scorrere con noi le pagine ingiallite dell’album di quel campionato.

HCB 1963

HCB 1963

Dopo aver conquistato il primo scudetto della sua novantennale storia, la sera di giovedì 28 febbraio 1963, i biancorossi dovettero fare i conti con le conseguenze di quel trionfo. Ovvero la sempre più crescente rivalità con lo Sportivi Ghiaccio Cortina Rex.

Epocale concorrenza che l’Hc Bolzano fu costretto costantemente a tenere d’occhio. Assieme a quella, improvvisa e dirompente, con l’Hockey Club Gardena di Edmund Rabanser, fuoriclasse indiscusso dei valligiani, campione d’Italia coi Diavoli Milano nel 1960.

L’Hockey Club Bolzano di coach Carmine Tucci sapeva che per rimanere seduto al tavolo dei pretendenti al titolo avrebbe dovuto equipaggiarsi adeguatamente.

Gli eroi del 1963 vennero confermati in blocco. Romeo Tigliani e Franco Viale presero le consegne da Giuliano Ferraris. Il quale, da vero cavaliere, rimase comunque legato alla società biancorossa. Garantendole il ruolo di riserva a casa. 

Mancava un solo tassello a completare i ranghi biancorossi. E la dirigenza scandagliò di conseguenza il mercato nordamericano. Fino a quando non individuò il profilo giusto.

Quello di Eugene Rebellato.

Gene, così veniva chiamato nell’ambiente, era un’ala sinistra col vizio del gol, 95 in 198 partite nei campionati nordamericani a cui prese parte. Proveniva dalla tradizione di Sault Saint Marie. Non eccelleva in altezza ma aveva un invidiabile fascio di muscoli. Con lui sul ghiaccio non si poteva scherzare. Perché Gene si faceva rispettare, da chiunque.
tucci

La serie A dell’epoca aveva numeri davvero risicati. Un solo giocatore di “scuola estera” a referto,                                          Carmine Tucci

sei squadre al via (Bolzano, Cortina, Gardena, Diavoli Milano, Ssv Bozen ed Alleghe), dieci partite di stagione regolare con triangolare finale per le prime tre.

Quella del ‘64-‘65 fu una stagione molto travagliata a livello disciplinare.

Il giudice sportivo fu chiamato agli straordinari. Al vaglio del pubblico ufficiale finirono numerosi referti arbitrali, gravati da controversie di varia natura.

Il finimondo, a livello disciplinare, accadde però quando sul ghiaccio, uno contro l’altro, si schierarono il Cortina Rex e l’Hockey Club Bolzano.

27 dicembre 1964

A Cortina d’Ampezzo, la Regina delle Dolomiti, va in scena la gara d’andata tra ampezzani e biancorossi. È uno scontro diretto, che vale doppio. Perché la situazione al vertice della classifica è molto fluida ed incerta.

La coppia arbitrale è composta dai milanesi Saudati e Tadini.

È la prima volta che Rebellato affronta il Cortina Rex. Avendo imparato a conoscere la grinta ed il carattere di Eugene, Gino Camin, il grande capitano di ventura di mille eppiù battaglie condotte sul pancone bolzanino, lo ha già catechizzato sul pullman e negli spogliatoi.

Cortina 64 65 66

 

“Mi raccomando Gene - sono più o meno le parole che Camin rivolge al giocatore - questi ti stanno aspettando. Ma tu non cadere nel tranello delle loro provocazioni. Apri gli occhi in balaustra e, se proprio devi, fatti rispettare lontano dagli sguardi degli arbitri. Non mi servi a nulla in panca puniti”.

Rebellato esegue gli ordini impartiti dal guru dello spogliatoio biancorosso. Ma dopo qualche cambio della sua linea ha già preso il numero di targa ad Alberto Da Rin. Negli angoli, i due sono già capitati in rotta di collisione. Ma Heini Bacher e Robert Psenner hanno sempre raddoppiato sull’avversario, togliendo pressione al loro compagno.

La bomba esplode fragorosa all’ennesima scorrettezza di Alberto Da Rin. 

Rebellato rimane ferito al labbro a causa di un’uncinata con il bastone. E alla vista del suo sangue molla i guanti e parte come un missile verso il cortinese.

Tra i due si scatena una pesante scazzottata ed Alberto le sta davvero prendendo di Santa Ragione.

Tra i giocatori ampezzani vigeva una regola non scritta.

Nessuno poteva toccare Alberto Da Rin.

Era il più giovane della dinastia. E andava, di conseguenza, salvaguardato.

Il fratello Gianfranco è in panca puniti. Ma non ci pensa due volte a scavalcare la balaustra per andare a difenderlo. Robert Psenner però lo intercetta brutalmente e i due vengono immediatamente alle mani. 

Quando si scatenava una rissa i cortinesi, notoriamente, erano dei veri maestri.

Avvinghiato all’avversario, Psenner non si accorge che alle sue spalle piombano contemporaneamente Giulio Verocai ed il portiere ampezzano, il grande Jack Siemon.siemon

    

                     

                                       J. Siemon

Dopo aver separato Rebellato ed Alberto Da Rin, la coppia arbitrale si lancia verso il gruppetto composto da Psenner, Gianfranco Da Rin, Verocai e Siemon. Ma è un’impresa districarlo.

Il ghiaccio è bollente sotto i pattini. Ma gli animi, a poco a poco, stemperano gradualmente. 

I direttori di gara non sono certo impeccabili nella distribuzione delle numerose penalità.

Alberto Da Rin, Rebellato e Psenner vengono mandati anzitempo sotto la doccia.

A Gianfranco Da Rin, per l’uscita dalla panca puniti e la rissa con Psenner: appena 2 minuti.

A Jack Siemon e Giulio Verocai, per i colpi inferti al giocatore biancorosso: nessuna sanzione.

Le valutazioni arbitrali sono evidentemente abnormi rispetto a quello che è realmente accaduto.

Alberto De Vito e Giuliano Ferraris, portiere di riserva, insorgono con veemenza.

Risultato: 10 minuti di penalità a testa.

Gino Camin reputa di averne viste abbastanza per quella sera. E con un gesto perentorio indica alla sua squadra gli spogliatoi, ritirandola dal match.

I giornali ci andarono a nozze. Saudati e Tadini vennero sommersi dalle critiche.

E la decisione dell’Hc Bolzano, di abbandonare a gara in corso, venne fortemente censurata.

Il giudice sportivo fu dello stesso avviso e sentenziò la sconfitta a tavolino ai danni dei biancorossi.

Poche settimane dopo i fatti che infiammarono le cronache, a Bolzano si giocò la gara di ritorno. A causa delle polemiche vennero designati due arbitri germanici: Neumair e Zeller.

A 20 secondi dal termine, di un match inadatto ai deboli di cuore, i biancorossi sono sotto: 4-3.

Il pubblico è tutto in piedi. A sostenere gli ultimi frenetici assalti verso la porta di Jack Siemon.

Una liberazione vietata del Cortina Rex concede un ingaggio ad Alfredo Coletti. 

 

                                                         AlfredColetti 

alfred coletti

Potrebbe essere l’ultima possibilità per l’Hockey Club Bolzano.

Il centro della prima linea è fulmineo ad arpionare il disco ed a servirlo ad Heini Bacher.

La bolgia scuote le tribune. Si infrange come un’ondata sul ghiaccio incandescente. Ed accompagna l’assist di Bacher verso Robert Psenner, libero di scaricare lo slap-shot.

Il disco viene deviato da un difensore e Siemon se lo ritrova davanti ai gambali.

Il portiere canadese lo smorza come può. Arriva come un fulmine Alfredo Coletti che, nonostante la disperata chiusura di un difensore e del portiere, trova lo spiraglio per collocare il puck alle spalle di Siemon. Facendo esplodere così l’urlo liberatorio del Palafiera. 

Neumair indica il disco in rete. Il suo collega Zeller coglie invece un fallo sul portiere.

Dopo un fulmineo confronto fra i due, la volontà di Zeller ha il sopravvento. Il gol è da annullare.

I biancorossi fanno esplodere tutto il loro disappunto, circondando minacciosamente i due arbitri. Oltre al mancato pareggio, la decisione costa loro anche la prima posizione in classifica al termine della stagione regolare. Una duplice beffa, troppo difficile da accettare a caldo.

La platea e la galleria sfogano simultaneamente la loro rabbia, con un fittissimo lancio di oggetti all’indirizzo dei direttori di gara e dei cortinesi. Monetine, giornali, cuscini. E questo è nulla. Perché lungo il tragitto che conduce al loro spogliatoio Zeller e Neumaier vengono attinti dagli escreati di numerosi tifosi. Un gesto incivile, che il giudice sportivo punirà in modo esemplare.

A causa dell’irresponsabile comportamento tenuto dai giocatori e dai suoi sostenitori, l’Hc Bolzano (recidivo...) si vide squalificare per un mese il ghiaccio di via Roma.

Con una decisione che fece scalpore all’epoca, mettendo in risalto la chiara volontà di promuovere l’hockey e di allargare i suoi confini, la Federazione obbligò i biancorossi a disputare le partite casalinghe del triangolare di finale sulla nuovissima pista di pattinaggio inaugurata qualche giorno prima. Indovinate dove?

Al Porto Antico di Genova! HCB Diavoli 4 2 Genova

Un impianto unico nel suo genere in Italia, affacciato direttamente sul mare.

Non avendo altra scelta, la società biancorossa fu costretta ad accettare di buon grado la decisione federale. Ed in un ambiente completamente depurato dal sostegno del proprio pubblico, si spensero i sogni di vittoria dell’Hockey Club Bolzano.

Il Cortina Rex vinse tutte le partite del triangolare finale, sia contro i biancorossi che l’Hc Gardena, vincendo il settimo scudetto della sua storia. Forse il più controverso.

L’Hc Bolzano chiuse la stagione macerandosi nei suoi stessi rammarichi.

E non fu certo una consolazione, anche se rimarrà un episodio di straordinaria rilevanza, l’incontro con “la Signora del Mare, Genova la Superba, città regale per uomini e per mura”, come Francesco Petrarca la definì nel ‘300.

Una delle Repubbliche marinare più affascinanti ospitò proprio l’Armata Biancorossa.

A fronte di un gemellaggio davvero inedito.

Consumato in riva al mare...

Tornando alla maestosità delle nostre montagne, e riportando all’attualità le lancette della storia, quello che è trascorso da qualche giorno è stato l’ennesimo weekend di successo per i Foxes.

Dopo un paio di settimane scandite da una potenziale tranquillità, da venerdì scorso il Bolzano è entrato idealmente nella clessidra della Ice. In cui, la sabbia del calendario si comprime gradualmente scendendo lungo le pareti, obbligando i biancorossi ad altre tre scadenze, davvero molto ravvicinate.

Questo percorso, dai ritmi alquanto sincopati, ha avuto il via proprio al Merkur Eisstadion di Graz, la tana dell’oramai ex capolista. Gli oltre tremila spettatori che gremivano la Halle arancio e nera, attendevano da oltre un mese l’avvenimento. Il confronto diretto con l’altra reginetta della Lega.

Graz e Bolzano non hanno deluso le aspettative. Ed il duello è stato ulteriormente messo sotto pressione da un arbitraggio che ha voluto incidere a suo modo sullo sviluppo del match.Graz

Se volessimo paragonare i due referee ad altrettanti maggiordomi, non sarebbe azzardato sostenere che Elias Seewald e Milan Zrnic non si siano limitati a servire a tavola le due nobili commensali. Ma abbiano voluto, ad un certo punto, unirsi alle loro libagioni. Ribaltando ruoli già di per sè prestabiliti.

Sarà un modo alquanto colorito e fantasioso. Ma si può spiegare anche così l’impatto molto netto che ha avuto l’arbitraggio sulla gara più attesa di questo primo spicchio di stagione.

Molte penalità, forse anche troppe.

Alcune, emblematiche come atti dovuti. Vedi il proditorio colpo sferrato da Korbinian Holzer al capo di Dustin Gazley, negli ultimi minuti del secondo periodo. O il cumulo di penalità per eccessive durezze nella rissa collettiva che ha messo a sedere in panca puniti la bellezza di nove giocatori.

Altre, forse collegate ad una certa volontà di protagonismo delle giacchette zebrate. Proprio in occasione della serata di gala.

Ad ogni modo, Graz avrebbe avuto bisogno dei punti in palio. Molto più del suo avversario italiano. Per dare un segnale forte a tutta la Lega. Non soltanto alle squadre di prima fascia. Per dimostrare la sua ferrea volontà di non essere trascurata, quando il ghiaccio emetterà il suo verdetto al termine della stagione regolare. Perché i playoff, è risaputo, non sempre decretano la squadra più forte. Ma quella migliore.

Il Bolzano, però, non le ha concesso alcuna licenza. Essendo stato più bravo, ed anche fortunato.

GWG a GrazHa retto l’adrenalinica aggressività con la quale i 99ers hanno tenuto a battesimo la gara. Senza scomporsi più di tanto, neanche al gol fulmineo di Lukas Haudum. Che aveva già mandato le tribune in visibilio.

Glen Hanlon ha fatto lavorare la squadra con la stessa perizia del capomastro in un cantiere affollato di muratori. Prima ha curato la solidità delle fondamenta e poi ha guidato gradualmente lo staff a disposizione. Fino alla posa del tetto. Fino a ribaltare il match con Tony Salinitri e Chris Digiacinto.

Il tecnico di Vancouver la sua vittoria a Graz l’ha costruita proprio puntando sulla perizia del suo sistema di gioco. E, maggiormente, sulla pazienza. Venendo premiato dai suoi ragazzi. Dallo stato di grazia attraversato da uno dei suoi bravissimi portieri. E vedendosi elargire anche un gentile omaggio. Come la fatale incertezza avuta da Jonas Gunnarsson sulla sparata nel traffico davanti alla porta di Peter Spornberger, l’inatteso match-winner.

Al loro ritorno al Palaonda, le Volpi biancorosse non hanno neanche avuto il tempo di rifiatare. Perché il Derby del Brennero stava già incombendo, proprio all’angolo con via Galvani.

Il solo Sam Harvey avrà avuto il sentore che contro gli squali di Innsbruck sarebbe toccato al suo amico e collega Jonny Vallini. Il suo lo aveva già fatto e ribadito in Stiria. E sapeva fin troppo bene che Gianluca sarebbe stato all’altezza della situazione.

La sfida di domenica non è stata affatto semplice da gestire per i biancorossi. 

Per due periodi Innsbruck ha messo in evidenza i suoi invidiabili règimi. Poi, quando sul cruscotto si è accesa la spia della riserva, è stato costretto ad abbassare i giri del motore. Come testimoniato chiaramente dall’unico tiro in porta messo a referto nell’ultima frazione (contro gli 11 dei padroni di casa) e controllato da un Vallini davvero in grande spolvero.

Evan Buitenhuis, il guardiano austriaco proveniente da Burlington, Ontario, ha retto come ha potuto agli assalti dell’Armata Biancorossa. Forse, l’esitazione avuta in occasione del gol di Scott Valentine, quello che ha aperto la serata, ha avuto il suo peso specifico sul bilancio consuntivo del match. Ma quando il tuo avversario può disporre di linee di fuoco imbottite di qualità superiore, diventa difficile. Anche per un goalie navigato. Come il canadese 31enne.

Domenica sera, il Palaonda ha potuto riabbracciare uno dei suoi beniamini più amati: Mike Halmo. A fargli posto, suo malgrado, è stato proprio Dustin Gazley. Bisognoso di svariati giorni perché il suo fisico possa assorbire gli effetti del violento impatto subìto da Korbinian Holzer.

Rivedere sul ghiaccio Halmo è stato confortante per il pubblico bolzanino ma non avrà certo fatto piacere a tutto il bacino d’utenza della Ice. Mike è un vero monito per gli avversari. Uno straordinario lottatore. Che in tanti anni di aspre battaglie ha saputo lasciare anche abbondanti dosi di talento sul ghiaccio. Un aspetto che non potrà mai essere messo in discussione.

Attendiamo di vederlo recuperare una forma più che accettabile. Perché averlo in casa, uno come lui, sarà sempre da considerare un vantaggio.Salinitri gol

Nell’attesa godiamoci le giocate di altri straordinari interpreti. Come Matt Bradley, Tony Salinitri, Adam Helewka, Daniel Mantenuto. Solo per citarne alcuni. Perché quest’anno c’è talmente tanta qualità in campo che scegliere un solista fra tutti è esercizio davvero proibitivo.

L’ultimo capoverso lo spendo a guisa di richiesta. Da inoltrare al condottiero: Glen Hanlon.

Il Bolzano è atteso al varco da un trittico di impegni davvero importante. Mercoledì a Klagenfurt. Venerdì al Palaonda con Salzburgo. Domenica a Feldkirch col Vorarlberg. Dopodiché avrà chiuso il ciclo di gare corrispondente al primo girone d’andata.

Il powerplay biancorosso lavora moltissimo. Ma fa ancora fatica. E non riesce a trovare le giuste geometrie per poter rendere al meglio. L’ultimo gol in superiorità del Bolzano risale al 6 ottobre scorso. Quello di Matt Bradley, che sbloccò il match in Ungheria.

Mi appello all’Uomo venuto da Vancouver.

Che sappia trovare le giuste contromisure. Quelle che potrebbero far spiccare definitivamente il volo. Alla squadra spaziale che abbiamo tutti di fronte.

 Cortina Genova