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Assi di bastoni #11: Lubiana, il Drago ed il filo spinato... (tempo di lettura 8 minuti)

 Che la storia sia fruibile. A tutti.

Potrebbe essere questo lo slogan della nostra rubrica.

Un contenitore di memorie del nostro amato sport sul ghiaccio.

Storie riproposte a seconda degli avvenimenti della stagione agonistica.

Uno spazio che non dà voce solo ai protagonisti del passato (buon ultimo, nella scorsa pubblicazione, Ron Chipperfield) ma che propone anche esperienze personali.

Condotte in luoghi della memoria, dove uomini commisero atti scellerati. Che altri uomini tenderebbero - per loro natura - a lasciarsi alle spalle.

Ma che la storia, quella che non si può cancellare, riproporrà sempre.

Come un monito. Rivolto proprio alla nostra specie.

gruppo tifosiCome potrete capire dalla seguente riflessione, il recente viaggio a Lubiana che si è appena chiuso alle nostre spalle, come l’ultima pagina di un libro, ha lasciato in noi molti margini di riflessione. A più livelli.

Anche una semplice trasferta al seguito dell’Hockey Club Bolzano, di per sè, può trasformarsi in un viaggio. Vero e proprio. Che si può costruire sulla base del tempo che vorremmo dedicargli. Dei luoghi e delle attrazioni ai quali concederemmo le nostre attenzioni. Ma anche delle circostanze sul perché la méta del viaggio possa diventare una scoperta delle sue particolari connotazioni.

Tutto ciò nasce anche dalla curiosità di capire la ragione per la quale ogni vigilia delle trasferte dei biancorossi in Slovenia sia regolarmente accompagnata da prudenze e raccomandazioni, più consoni ad un bollettino della Protezione Civile. Che siano quelle di Hanlon alla squadra o dell’amico Ale Zonta al sottoscritto, la sostanza non cambia.

Unico modo per comprendere è partire.drago profilo

Per il nostro viaggio in auto che, dopo oltre 4 ore, ci condurrà a Lubiana, la capitale della Slovenia. Una splendida città che, dalle sue leggende medievali, ha ricevuto in dono il suo simbolo di forza e prosperità: il drago.

La città ne è letteralmente ricoperta.

A partire dal suo celeberrimo Zmajski most, il Ponte dei Draghi, appunto. Il passaggio sospeso sul fiume Ljubljanica, il corso d’acqua che taglia in due la capitale, protetto dalla presenza di quattro statue draconiche. 

Non sono da meno le migliaia di folcloristici negozietti di souvenir, sparsi in tutto il centro cittadino, e che offrono le sembianze del drago in innumerevoli esemplari realizzati con ogni tipo di materiale esistente in commercio. Dal legno alla ceramica.Laura e il drago

Ma, i Draghi di Lubiana, sono anche quelli che si annidano all’Hala Tivoli, l’Arena dello Sport indoor per eccellenza. Nascosta nel verde della fitta vegetazione della sua collina, alla vista degli ignavi avversari di Olimpia. La Dea delle unioni. Quella che abbraccia come una polisportiva le ragioni sociali dei team di calcio, basket e hockey lubianesi.

Se noi siamo qui è proprio dovuto all’impegno tra i Foxes Bolzano e la temuta Olimpia Lubiana. Quella sui pattini. Che quest’anno è stata adeguatamente rinforzata dalla nuova proprietà, con un generoso piano di investimenti che ha richiamato dalle legioni straniere alcuni dei suoi compatrioti più carismatici, come Robert Sabolic, Blaz Tomazevic e Blaz Gregorc. Andati ad unirsi alla guarnigione fedele al coach finnico Antti Karhula, dopo un patto d’onore sottoscritto al cospetto del capitano dei Draghi. Un veterano: il 39enne Ziga Pavlin.

La storia, proprio quella a cui facevamo riferimento in apertura, da almeno ottant’anni ammonisce qualsiasi altra aggregazione proveniente dal nostro Paese. Sportiva o meno che sia. Più o meno incline alla belligeranza. Dal volersi imporre, anche e soprattutto con l’uso della forza, al popolo lubianese. Hockey Club Bolzano incluso.

Ecco ricompensata la nostra sete di curiosità. Di capire da dove ha origine la grande rivalità che Lubiana nutre - o soffre - per tutto ciò che le arriva da Occidente. Accompagnato da un tricolore.Vista su Lubiana cinta di filo spinato

6 aprile 1941: le truppe delle Potenze dell’Asse (Germania ed Italia) oltrepassano i confini sloveni allo scopo di annettere a sé, in modo non pacifico, larghe parti del territorio. L’Italia, da quella data, dichiara annessa la “Provincia di Lubiana”.

Il popolo lubianese, inevitabilmente, insorse.

Con il trascorrere del tempo si formarono numerose cellule di partigiani. Le quali, si unirono per opporsi a respingere l’invasione italiana.

23 febbraio 1942: in quella nottata, proprio allo scopo di debellare la dilagante ribellione, mani italiche predisposero un vero e proprio anello di filo spinato, un massiccio reticolato di 30 chilometri. A cingere l’intera città. Sorvegliato da torrette di controllo e posti di blocco.

Lubiana 45 filo spinatoLubiana si trasformò in questo modo in un enorme ghetto. Ove i residenti vennero privati di qualsiasi rifornimento. E costretti, perciò, a patire anche la fame.

Tutti gli uomini adulti caddero nella trappola dei rastrellamenti. E condotti nel campo di concentramento di Gonars. Ai quali, si aggiunsero col tempo anche le donne ed i bambini dei rivoltosi. L’odio si inasprì a tal punto che oltre cinquemila persone vennero fucilate. In settemila morirono nei lager. Ed un migliaio di partigiani sloveni perse la vita, nel nome della libertà.

Per 29 mesi l’Italia strinse l’assedio a Lubiana. Poi, la firma dell’armistizio diede vita al ritiro delle truppe ed alla fine delle ostilità. 

La storia racconta - inoltre - che agli italiani subentrarono i nazisti. Dai quali Lubiana si liberò definitivamente, il 9 maggio 1945.

In quella data, il popolo ricorda ogni anno la cortina di ferro e fuoco che cinse Lubiana. Riversandosi proprio lungo il Pot. Il sentiero della memoria e della solidarietà. Sorto lungo lo stesso tracciato di filo spinato, posato dai guastatori dell’Asse.

Più di ottant’anni sono trascorsi da quei tragici eventi. Molta acqua è scorsa sotto il Ponte dei Draghi. Lubiana - come tutti i popoli schiacciati dall’infamia della seconda guerra mondiale - ha imparato a convivere, a perdonare. Ma non a dimenticare.

Potrà sembrarvi una forzatura ignorante ma, quando la vivi di persona, sulla tua pelle, quella rivalità la si può respirare, distintamente. Tanto più se viene accompagnati dalle raccomandazioni dei tuoi amici della curva, che ti sconsigliano di esibire maglie o sciarpe biancorosse fuori dall’Arena.partita

𝐹𝑜𝑡𝑜: 𝐷𝑜𝑚𝑒𝑛 𝐽𝑎𝑛𝑐𝑖𝑐

Occupiamoci però del match ad alta intensità tra Olimpia Lubiana e Foxes Bolzano. Evento che, con Charly e le nostre rispettive signore, abbiamo vissuto dalla tribuna riservata agli ospiti.

Di storia ne abbiamo ampiamente dibattuto. L’attualità invece ci propone, ad esempio, il duello a distanza tra due portieri in odore di santità. Il ceco Lukáš Horák ed il canadese Sam Harvey. Due atleti che, secondo noi, lotteranno a lungo per il titolo individuale riservato al miglior goalie della Lega. Non solo.

Molto interessante sarà osservare le conseguenze dell’impatto tra due diverse scuole di pensiero. Ovvero quella nordamericana di Glen Hanlon, opposta a quella scandinava di Antti Karhula. L’attuale classifica, a riguardo, funge da teste informato sui fatti, chiamato a rendere spontanee dichiarazioni al Giudice della Ice.

La concentrazione che aleggia sul ghiaccio, palpabile anche in tribuna, è ai massimi livelli.

I tre punti in palio rappresentano il primo degli importanti spartiacque della stagione.

Il “Defense First” di Hanlon impatta subito la fantasia delle strategie offensive proposte da Karhula. L’Olimpia ha splendide geometrie nell’attaccare la dead zone biancorossa. Il doppio rimorchio a finalizzare, proposto dalla linea di difesa, offre soluzioni efficaci al Lubiana.

Bolzano non ingrana subito. Anche se la sblocca presto, con Cole Hults, sugli sviluppi di una sciagurata uscita di zona degli sloveni.

In difesa i biancorossi ballano in modo evidente. Ma Sam Harvey copre lo specchio della gabbia con la stessa consistenza del plexiglas alle sue spalle. In modo inconsapevole, qualcosa si deve essere generato nella logica agonistica dei suoi compagni della retroguardia. Se lasci luce tra te e Sam, lui saprà neutralizzarla.

L’Olimpia, quanto meno nel computo dei tiri del primo tempo, merita di non chiudere sotto, prima di tornare in spogliatoio. Ma è un grave errore di Seed a spianare il ghiaccio a Ziga Pance. Uno-due con Sodja ed anche un baluardo come Harvey non può non capitolare.

Nel secondo tempo Hanlon vince la battaglia tra i due panconi. Tatticamente è il Bolzano ad avere il controllo della situazione. Le occasioni fioccano, soprattutto sulle stecche dei biancorossi. Ma l’1-1 resiste allo scadere del secondo parziale.

Un inaspettato moto d’orgoglio, accompagnato da un gesto tutt’altro che elegante, ci sorprende nella pancia del palazzo. Adibita alla mescita della birra. Alcuni tifosi lubianesi colgono una sciarpa biancorossa in mezzo a loro. È quella di una persona con cui sto chiacchierando.

Si avvicinano, prendendo per il bavero chi la indossa. Parole impercettibili si levano alte, richiamando l’attenzione del resto della compagnia.

Il nostro tifoso si dimostra più saggio. E non cade nella provocazione.Finoro

𝐹𝑜𝑡𝑜: 𝐷𝑜𝑚𝑒𝑛 𝐽𝑎𝑛𝑐𝑖𝑐 

È solo un gesto isolato, rimasto tale. In un contesto di assoluta normalità. Ma non può non far ripensare alle parole di Ale Zonta, di qualche tempo prima.

L’Olimpia insegue la vittoria di prestigio con la forza di volontà tipica del suo popolo. Ma è una splendida costruzione imbastita da Luca Frigo, condotta da Daniel Mantenuto e finalizzata da Giordano Finoro, con un tocco sottomisura, a trafiggere Lukas Horak.

Il gioco corale, quello da libero arbitrio, è l’arma in più dei Foxes.

 

Cambiano i tenori ma il risultato è lo stesso.

Si sganciano da una mischia Chris DiGiacinto e Matt Bradley. Veronica di Chris dietro la porta e scarico nello slot raccolto da Matt per il 3-1 esterno.

È il momento in cui il jet biancorosso stacca le ruote dalla pista di Lubiana. Anche se Tomazevic, con un colpo di pattino passato tra la sua stecca ed il gambale di Harvey, insacca il 2-3 che riaccende le speranze dei Draghi Verdi.

Davanti all’ennesima opera d’arte di Luca Frigo, anche Furia Buia, il drago più potente e solenne del mondo, stando alla fantasiosa iconografia di questo essere mitologico, rimane un semplice spauracchio mosso per indurre i bambini all’obbedienza.gol Frigo

Servito da capitan Frank, lesto come un mariuolo a rubare il disco dalla bocca della tenaglia di due avversari, Luca compie un gesto atletico notevolissimo. Sparando all’incrocio un polsino radiocomandato.

Una “Frigata”... 

Che chiude la bocca anche ad ogni tentativo di reazione, avanzato dai padroni di casa.

Il classico “empty net goal”, affidato alla sapienza di Dustin Gazley, vale solo per le statistiche.

Bolzano incamera tre punti preziosissimi, in una piazza che storicamente le è sempre stata ostica. Ma che sarà molto difficile per tutti, in questa stagione. Come dimostrato domenica scorsa, dal successo di Lubiana sulla capolista Graz. Prossimo avversario dei biancorossi.

È tempo di uscire dall’Hala Tivoli e di buttarsi nell’allegra confusione delle vie del centro storico di questa bellissima città. Assieme a due tifosi biancorossi doc: Greta e Felix. Madre e figlio, volti alquanto noti al Palaonda, incontrati casualmente davanti alle casse del palazzo del ghiaccio.

Scegliamo uno dei 10 posti migliori dove mangiare a Lubiana. Il “ Sarajevo 84”.

Una lauta cena, chiusa con un’abbondante porzione di una fantastica baklava, è la migliore chiusura di un venerdì da incorniciare.

MercatoIl giorno dopo, nella nostra ultima escursione in centro, la capitale slovena ci regala solo momenti felici. Una marea di bancarelle. Dove i mercanti, cogliendo la nostra provenienza, cominciano ad offrire la propria merce, dialogando amabilmente in italiano. Il castello sulla collina, dove si può scorgere l’elegante sagoma architettonica dell’intera città. La lunga scia di localini ospitali, accavallati lungo le rive del fiume. Un sereno meltin pot, molto lontano dall’overtourism.

Il passato di questa comunità non potrà mai cambiare.

Il futuro, invece, sembra custodito in una cassaforte di saggezza.

Forse sarà stata solo una coincidenza. O una banale suggestione.

Ma la storia della rivalità, in fondo, la si può anche guardare come una pagina vuota...

Da voltare, senza indugio.

sotto la curva