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Il vostro gradimento per i racconti di Andrea stimolano la sua vena creativa a mettere "nero su bianco" i ricordi di una vita al seguito dei "biacorossi". Per voi: Assi di bastoni #5 ! (tempo di lettura 7 minuti).

La telefonata dura più o meno una mezz’ora scarsa. Da due giorni ci stavamo inseguendo senza riuscire a trovare quel tanto che bastava, del nostro tempo, per raccontarci le ultime e dare vita al nuovo capitolo di questa rubrica.

Finalmente, nel tardo pomeriggio di giovedì scorso, siamo riusciti a sentirci.

Le nuvole cariche di pioggia, che potevo scorgere dalla grande vetrata del mio soggiorno, sono state idealmente spazzate via dalla solita ventata di freschezza e di spassionata allegria che il mio interlocutore sa sempre mettere quando abbiamo la possibilità di parlarci. Del più e del meno.

Gli argomenti sono davvero i più disparati. Si può chiacchierare della birra che produce sul Garda, delle sue esperienze lavorative, che lo portano da un capo all’altro del Paese (“oggi, Andrea, sono in Puglia. Fra due giorni in Sicilia...”), oppure di hockey. Che è l’argomento dove Gianni Spoletti sa affrontare come pochi altri la cresta dell’onda, senza farsi inghiottire da essa.

Anche se Gianni, classe 1961, viaggia verso i 64 anni (li compirà il prossimo febbraio), ha le stesse energie di quando - quarant’anni fa - indossava due divise. Una, quella da poliziotto della squadra anticrimine, l’altra invece: da portiere di hockey su ghiaccio. Con le quali ha saputo guadagnarsi, soprattutto negli anni Ottanta, gli onori ed il rispetto. Che la sua gente gli ha attribuito equamente.

Oggi, Gianni è uno dei più apprezzati e richiesti criminologi forensi ed investigativi che operano in Italia. Una carriera - nata dal suo enorme amore per la prima delle due divise, di cui sopra - che ha strutturato, fino a portarlo dov’è, attraverso anni ed anni di studio, di passione, di vivida curiosità. Elemento, quest’ultimo, tanto determinante. Quanto la stessa preparazione.

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La sua telefonata, comunque, è stata concordata per un valido motivo. Che sta particolarmente a cuore ad entrambi. Non per parlare di un pazzo omicida. Ma di hockey, in particolare del derby Merano-Bolzano, in programma oggi alla Meranarena alle ore 20.00, dedicato alla memoria ed alla figura di Hansjörg Brunner, il vulcanico presidente che seppe portare il suo team sulla cima di una montagna che sembrava inaccessibile. Quella dove il cielo è tricolore. E lo puoi toccare con mano.

Gianni Spoletti, che ha difeso le gabbie di entrambe, in gioventù, è forse la più indicata persona informata sui fatti - per dirla in termini tecnici a lui cari -. Quella chiamata a rendere spontanee dichiarazioni sui grandi derby del Passato. Di uno, in particolare.


Lasciamo che sia lui, alla sua maniera, a riavvolgere il nastro di quegli indimenticabili momenti.

“A Bolzano - parte Gianni a raccontare, dirompente come suo solito - ho imparato i trucchi del mestiere grazie a preziosissimi consigli, impartiti da due grandi campioni come Romeo e Giorgio Tigliani. Dopo la lunga trafila nelle giovanili della Latemar, fa il suo esordio in prima squadra a 15 anni (!) in un'amichevole contro l'HK Kranjska Gora impressionando tutti (15/10/1976), nella stagione ‘81-‘82, prosegue Gianni, ho fatto poi il mio debutto in prima squadra in serie A. Erano apparizioni estemporanee. Perché, a quell’epoca, alle spalle del portiere titolare, a volte mettevano a referto un backup pescato dalle giovanili. In panca ho potuto ammirare lo stesso Giorgio Tigliani, Bruno Bertiè ed il grande Jim Corsi. Fino a quando, nella stagione ‘84-‘85, dietro a Bruno - titolare nel ruolo - abbiamo ruotato regolarmente io e Paolone Lasca”.

Rammento a Gianni che, di quella stagione, coronata con il nono scudetto della storia, abbiamo parlato a lungo con Jim Boni, nello scorso capitolo. Non riesco a finire la frase. Perché lui irrompe, come gli è abituale.

“Lo sai che sabato scorso sono stato tra gli invitati al matrimonio di Jennifer, la figlia di Jim? Noi due siamo come fratelli”.

L’argomento “derby” mi sta sfuggendo dalle mani. Ma era prevedibile avendo a che fare con un personaggio effervescente, come Gianni Spoletti. Lo richiamo simpaticamente al suo dovere.HCM 1985 86

Gianni, parlami dello scudetto a Merano. Di quella incredibile primavera del 1986.

“È stata un’avventura pazzesca. Un vero e proprio miracolo. È anche vero che quella squadra era fortissima, con pochissimi punti deboli. Brian Lefley dimostrò la sua abilità nel gestire uno spogliatoio ricco di forti personalità. Mark Morrison, Frank Nigro, Tom Milani, Grant Goegan, John Bellio, Dave Tomassoni e soprattutto lui, Bob Manno. Il vero boss dello spogliatoio. Quando parlava lui, nessuno osava fiatare. Il mio box era proprio in mezzo tra John Bellio e Bob Manno. Le mie personali Colonne d’Ercole! Uno dei segreti di quella stagione fu che ci divertimmo sempre. In ogni circostanza. Uno scudetto incredibile, che sento molto mio. Essendomi alternato regolarmente con Marco Capone, per tutta la stagione. Anche il blocco italiano, da capitan Allneider a Rier, Venturi, Nuvolini, Rassler, Lopetuso, Niederegger... si dimostrò fondamentale”.HCM

Il suo prestito a Merano si esaurì al termine di quella spettacolare serie di finale contro l’Asiago. Trascinato da un giovanissimo e già debordante Lucio Topatigh. Serie che potei ammirare, come capitava spesso nelle grandi occasioni in via Mainardo, da una posizione privilegiata. Ovvero le grandi terrazze dell’hotel Lux, affacciate in perpendicolare proprio sopra la pista ghiacciata.

Torniamo a noi, Gianni.

Nell’87-‘88, la Stagione Elegante, quella dei guanti bianchi indossati da Kent Nilsson e coronata magnificamente cucendo la Stella del decimo scudetto sulle maglie biancorosse, coincise con un derby tra Bolzano e Merano che è rimasto e rimarrà per sempre nella storia. Nel quale tu avesti parte alquanto attiva. Hai già capito di cosa sto parlando? Per molti comuni mortali, me compreso, lo sviluppo di quel derby resterà appeso all’anima, indelebile. Era il 26 dicembre del 1987...

“Il famoso derby dove vincemmo 12-10 e recuperammo nel terzo tempo ben cinque reti di svantaggio! Quel giorno, l’atmosfera natalizia fu ancor più particolare. In tribuna notammo tutti il tipico trambusto generato dalla presenza di un vip. Da Vipiteno, dove stava trascorrendo le feste, scese al Palaghiaccio di via Roma anche Nils Liedholm, ad ammirare il suo altrettanto celebre connazionale, Kent Nilsson. Le poltroncine rosse erano in totale fermento. Poco prima di entrare sul ghiaccio, Ron Chipperfield indicò i partenti. Ovviamente, tra i pali la scelta ricadde su Mike Zanier. Iniziammo bene, andando subito in vantaggio con Martin Pavlu. Accadde però qualcosa di inusuale. I meranesi notarono, come noi sul pancone, che Zanier non fosse esattamente in serata di grazia. Ribaltarono il risultato e segnarono addirittura sette reti nella frazione centrale. Mike, dopo aver subìto l’ottavo gol, se la prese con Nori Prünster. Colpendolo con violenza. Un gesto non proprio abituale per un giocatore controllato, come lui. Subì penalità da Savaris ed altri due gol prima del secondo riposo”. Alto Adige

Cosa accadde in spogliatoio, proprio in quel momento?

Gianni sembra rivivere quell’istante...

“Chip si guardò intorno. Capendo che il match, con ogni probabilità, sarebbe stato quasi impossibile da recuperare. Ordinò il cambio tra i portieri. E feci così il mio ingresso sul ghiaccio. Segnò subito Maurizio Scudier e subito dopo annullai due breakaway a Gates Orlando. Il quale, amichevole, mi mandò letteralmente a quel paese. Quelle due parate mi galvanizzarono. Ed il pubblico cominciò ad incitarmi. Con sempre maggiore intensità. Qualcosa nella nostra testa cambiò gradualmente. E quando Nilsson segnò il 7-10 lo stadio esplose e ci trascinò letteralmente. Verso quell’impresa impensabile, irrealizzabile. A metà frazione Lucio Topatigh e Bruno Baseotto la riaprirono. Il Merano cadde totalmente in balìa degli eventi. Tentò due volte di alternare Marco Capone con Giorgio Tigliani. Inutilmente. A noi servì un ultimo sforzo. Mentre la mia porta sembrò invalicabile, segnammo il pareggio con Lucio e Martin, pochi secondi dopo, ci portò incredibilmente in vantaggio. Le facce dei meranesi erano stravolte. Ebbero l’ultima possibilità di togliere il portiere ma... Kent Nilsson tolse il disco dal controllo dei sei uomini di movimento del Merano, servendo a Bruno Baseotto l’assist dell’apoteosi. 12-10!” maglia HCB

Cosa accadde dopo, solo lui può raccontarlo...

“Raccogliemmo tutto l’entusiasmo del pubblico nei giri di campo che compimmo per ringraziarlo dell’incitamento. Ed una volta tornati in spogliatoio fu il finimondo. Qualcuno aveva già collocato alcune casse di birra al centro di esso. E quando andammo a mangiare allo Schwefelbad, la festa proseguì a lungo...”.

Gianni Spoletti, un vero fiume in piena, mi travolge con la sua contagiosa allegria narrandomi poi del suo passaggio al Fassa, nella stagione successiva. Operazione che costò a Gianmario Scola una barca di quattrini per il prestito dall’Hockey Club Bolzano. Staccando però un altro generosissimo assegno, con il quale convinse Gianni a trasferirsi ad Alba di Canazei.

L’ultimo ricordo che ci lascia è la classica ciliegina sulla torta.

“La prima partita al Palaghiaccio di via Roma, feci un partitone incredibile. Battemmo 4-3 il Bolzano. Anche Mustafa Besic e Tom Milani fecero faville. E come l’anno prima, raccolsi tanti applausi. Prima di uscire dal ghiaccio...”.