3º appuntamento con Andrea e i suoi "Assi di bastoni". Buona lettura (6minuti).
Uno zaino ed un trolley, accanto alla porta di casa. Lo stretto indispensabile per una settimana in giro per l’Europa. Il check-in già inoltrato on-line. La destinazione derubricata a semplice dettaglio, scelta attraverso la casualità del sorteggio di Champions Hockey League. Che, per noi, non ha mai fatto particolare differenza.
Da anni, la prima settimana di settembre, per me e Charly è corrisposta immancabilmente ad un tour europeo. All’inseguimento dello spettacolo itinerante, quale è appunto la CHL.
La prima volta cadde il 18 novembre 2018, quando partimmo per Plzen a bordo del Karpaty Express. Per assistere alla gara di ritorno degli ottavi di Champions tra i detentori del titolo di Cekia ed i Foxes Bolzano. La gara in sè non portò particolarmente fortuna ai biancorossi. La stella del Plzen dell’epoca, il fortissimo Milan Gulaš, mise a referto tanti punti al Palaonda, quanto allo Zimni Stadion. Per me e Charly fu una sorta di battesimo. E la nostra scaletta non sarebbe cambiata. Nemmeno in caso di vittoria dei Foxes.
Il piacere di incontrare Jarda e Martine Pavlu, nell’enorme salone adibito a ristorante, all’interno della cattedrale boema della birra, la Pilsner Urquell, la gita a Praga per degustare il celeberrimo rollo ed abbracciare la bellezza di una metropoli elegante e gentile con i suoi turisti, infine la consapevolezza di aver aperto un ciclo. Che sarebbe stata nostra intenzione rendere tradizione.
Avevamo rotto il... ghiaccio. E sette mesi dopo ci ritrovammo a seguire il Mondiale Top Division (una banale digressione dalla CHL) a Bratislava, talmente inflazionata di appassionati che fummo costretti a soggiornare a Vienna, distante solo 50 chilometri.
La cupa parentesi legata alla pandemia non ci fece desistere. Nel 2021, riuscimmo ad organizzarci al meglio, assieme ad altri compagni di viaggio che, guarda un po’ il caso, sono tutti fidelizzati con HCBfans. Assemblammo perfettamente un duplice programma di viaggio. Per le due destinazioni: Jastrzębie Zdrój (cittadina della Slesia, nella Polonia meridionale) ed Asker (in Norvegia, adagiata sulla costa bagnata dal fiordo di Oslo).
Dopo la qualificazione conquistata proprio nei confronti diretti con polacchi e norvegesi, seguì la famigerata trasferta in Finlandia. A Rauma. Momento che rimarrà una macchia indelebile nella storia della CHL e, suo malgrado, dei Foxes Bolzano.
Io e Charly quella trasferta la prendemmo parecchio comoda. Arrivammo ad Helsinki quasi quattro giorni prima della sfida contro il Lukko. Facemmo puro turismo. La sera prima della partenza per Rauma, andammo da Loyly. Una sauna spettacolare, un edificio simile al carapace di una tartaruga. Affacciata sul Mar Baltico.
Quando uscimmo da quel luogo paradisiaco, le prime notizie che leggemmo alla riaccensione dei cellulari furono relative proprio all’annullamento del match. A causa del maledetto covid.
Come in Polonia e Norvegia a settembre, anche ad Helsinki venimmo raggiunti da un numeroso gruppo proveniente da Bolzano. Appena sbarcati, loro proseguirono subito in pullman per Rauma e furono tra i pochissimi esseri umani ad entrare comunque alla Äljänsuo Arena, nel giorno del match fantasma tra Lukko e Foxes.
L’indomani, noi saremmo saliti su un traghetto per l’Estonia. I nostri compatrioti e concittadini avrebbero fatto ritorno ad Helsinki per imbarcarsi sul loro volo per l’Italia.
Nel 2022, i Foxes Bolzano non erano presenti ai nastri di partenza della Champions Hockey League. Ma, oramai, eravamo saliti sulla giostra. E non era certo nostra intenzione scendere.
Scegliemmo la Svezia. Göteborg e Karlstad. Ovvero Frölunda e Färjestad. Due istituzioni continentali nel panorama dell’hockey. Ricordo solo che questo fu uno dei nostri pellegrinaggi meglio riusciti. Perché venimmo totalmente rapiti dalla bellezza del natura. E dell’hockey.
Lo scorso anno, i Foxes Bolzano hanno fatto la loro ultima apparizione in CHL. Tre trasferte: Mannheim, Ginevra e Belfast. Propendemmo per la Germania (da soli) e l’Irlanda del Nord (con le rispettive consorti).
Ricorderete tutti i loro nomi: Niklas Svedberg. Ed il suo omonimo, Niklas Sundblad.
Furono individuati dalla piazza (e non solo) come i principali responsabili dell’imbarazzante avvio della scorsa stagione. CHL compresa.
Oggi, il portiere non ha ancora una squadra. Segno, probabile, di un suo allontanamento volontario dall’hockey giocato. Il coach, invece, dopo la fine prematura della sua esperienza al Palaonda, è salito fino a Dresda, per impartire agli Eislöwen la sua idea di hockey.
Un aneddoto, a riguardo: quando l’aereo atterrò in Italia, al nostro rientro da Belfast, rimasi accanto all’equipaggio per recuperare un bagaglio. Ci sfilò davanti tutta la squadra, i tecnici e tutti coloro che completavano la delegazione. Sundblad mi guardò, dritto negli occhi ed esclamò: “See you”. In risposta, mi uscì dalla bocca un inelegante: “Addio!”, nemmeno tanto sussurrato. Inizialmente, quasi me ne vergognai. In seguito mi resi conto di quanto profetica fosse quella risposta.
Quest’anno alcuni eventi hanno costretto me e Charly a riprogrammare e stravolgere vacanze ed abitudini. Per questo, sono stato tra coloro che sono andati a trovare un po’ di refrigerio in via Galvani. Per godere del fresco ed assistere al Südtirol Summer Classic.
È davvero molto prematuro dare dei giudizi sulla composizione della squadra, sui nuovi arrivati, sulle condizioni generali, a sole due settimane dall’inizio della preparazione.
Mi sono certamente piaciute prestazioni come quelle offerte da Simon Bourque, Adam Helewka e Matt Bradley (foto Valentina Gallina). Non mi è dispiaciuto Giordano Finoro. E nemmeno Michele Marchetti.
Dove avevo lasciato Cole Hults, ho piacevolmente ritrovato il suo inconfondibile stile nelle uscite di zona e la ricerca della profondità. Come pure la pressione che riesce a sviluppare in balaustra, sull’avversario. Jason Seed lo ricordavo bene come elemento indirizzato maggiormente alla pulizia della giocata. Mentre di Peter Spornberger mi hanno subito fatto notare l’unicità del suo pattinaggio, che ha nelle anche le sue migliori peculiarità dinamiche.
Da rivedere Braden Christoffer, ancora in fase di rodaggio, se devo proprio esprimere un parere. Tony Salinitri e Mike Halmo si sono limitati al ruolo di spettatori quando il carico di energia, resistenza ed esplosività sui pattini si è fatto pesante in Val Badia. Enrico Miglioranzi sta riprendendo confidenza, alzando gradualmente il livello dell’intensità. Mentre due sentite parole le dedico di cuore a Sam Harvey. Rivederlo a casa, tra i suoi compagni, è stato di conforto.
Sui veterani, e tutti coloro che sono stati riconfermati dallo scorso anno, mi aspettavo esattamente ciò che ho visto. Hanno rimesso in funzione i meccanismi della propulsione agonistica non più tardi di due settimane scarse. Davvero, sarebbe difficile o quasi impossibile ora, appiccicargli già sull’armatura il sigillo che ne garantisce la riconosciuta qualità...
Il gesto tecnico più bello che ho potuto notare è stato il gol di pura astuzia e polso, tantissimo polso, di Matt Bradley nel match di venerdì sera. Davvero illuminante anche l’assist di Valentrain.
L’attacco, per concludere questa mia prima personalissima analisi, mi ha dato l’impressione che potrà darci svariati momenti di puro divertimento. La difesa, più di qualcuno la giudica leggerina. E per questo bisognosa di un ulteriore rinforzo, magari di peso. E carisma.
Io credo, a riguardo, che gli allarmismi alla prima settimana di settembre siano alquanto prematuri.
Meglio un bel viaggio, in questo periodo.
Provare per credere...