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L’uomo e la sua barba bianca stanno risalendo con passo placido la dolce china ammantata di rugiada. La costante nebbiolina delle prime ore del giorno, quella in cui quel vecchio affondava con leggerezza i suoi sandali, si è oramai dissolta alla luce di un soleggiamento quasi imbarazzante.
“Spero non ci sia già qualcuno ad attendere il mio arrivo...”.
Un istante dopo aver proferito sommessamente il suo pensiero, quell’uomo viene colto da un lieve abbattimento. Nello scorgere due impazienti figure, a lui note, proprio a ridosso di un vecchio cancello.
“Pietro, era ora!”, fa il più giovane dei due.
“Stai invecchiando, mio caro - rincara l’altro -, ogni giorno aggiungi qualche minuto di ritardo alla tua tabella di marcia!”.
L’uomo si liscia con la mano destra la sua candida barba imperlata dall’umidità mattutina. E, misurando le parole, non può esimersi dal rispondere loro a tono.
“Ma voi non dormite mai? Nemmeno la notte di Natale? Magari siete in giro da ieri sera, vero?”
Alle parole di Pietro i due reagiscono con una gustosa risata. Ribattendo con una salace risposta, pressoché immediata.
“Guarda che ci siamo alzati prestissimo. Proprio per smaltire le libagioni della vigilia. Così, ci siamo dati appuntamento mentre albeggiava, per un’uscita in bici assieme a Fausto. Poi lui, al solito, se n’è andato via al suo ritmo, al primo tornante. E noi non abbiamo potuto far altro che fermarci alla fonte. Una rinfrescata veloce ed era già ora di venire qua...”.
“Dai amico, tira fuori le chiavi del regno! Ed apri questa porta!”
Questa volta, alla richiesta dell’altro, Pietro ha la risposta pronta...
“Ringraziate il giorno in cui ho fatto una copia delle mie chiavi. Il Titolare mi ha chiesto giorni fa quelle originali, con la scusa di dover andare a Roma per i regali. E non me le ha piu restituite!”
Un po’ macchinosamente, le porte del cancello si spalancano.
Con il solito lieve cigolio di sottofondo.
“Questo posto... è un vero paradiso!”, esclama Romeo, dirigendosi verso le tribune del PalaFiera, riprodotto qui - fedelmente, fino all’ultimo mattone - dopo essere stato abbattuto in via Roma.
“Cosa credi che sia? - reagisce Giuliano, particolarmente piccato -. Il purgatorio? Ieri sera ero a cena con le guardie che ci lavorano. Non ne possono più. C’è un’infinita coda quotidiana alle purificazioni. E loro, sono i soliti quattro gatti. Che non ce la fanno più. Né a gestirla, né a contenerla!”.
“Dai, Ciccio... stavo scherzando. E tu, come sempre, non lo capisci. Metti in moto le manine sante. Che dobbiamo fare il ghiaccio!”.
I due ex portieri, in odore di santità per la loro combattività in vita - perciò in attesa di essere collocati nel cielo immateriale più appropriato - imbracciano due pale dalle grandi braccia per cominciare l’operazione di lisciatura della piastra ghiacciata.
A quell’ora del mattino, ci sono soltanto loro nell’impianto celeste riservato all’hockey su ghiaccio. Prima che arrivino gli altri, hanno il tempo di condividere amabilmente ricordi ed aneddoti di varia natura. Avversari e compagni che, in vita, avevano condiviso con loro mille e più battaglie.
Ad un certo punto, Giuliano fa: “Romeo... Te lo ricordi Don?”
“E come potrei dimenticarmene, Ciccio?”.
Gli occhi di Giuliano si illuminano quando comincia a raccontare.
“Olimpiadi di Cortina d’Ampezzo del 1956. Quelle di Toni. E di Renzo, il “rosso volante”, primo evento sportivo in assoluto ad essere trasmesso in diretta televisiva. Fui uno dei portieri convocati da Bibi, il nostro selezionatore, la leggenda dell’hockey elvetico”.
“Quindi?” - incalza Romeo.
“Don, l’invalicabile portierone degli Stati Uniti, una specie di idolo ai miei occhi. Me lo ritrovai di fronte allo stadio Olimpico, in una rotazione degli allenamenti tra le varie Nazionali. Era calata la sera e chiesi al primo fotografo vicino a noi di prendere la sua Kodak perché ci immortalasse proprio davanti alla porta. Foto che riuscii anche a farmi autografare da Don”.
Oltre a rubargli qualche gesto tecnico importante, Giuliano si divertì a replicare in Patria il suo stile di pattinaggio, molto americano, appariscente, con i pattini sollevati fin sopra al ginocchio.
“I nostri tifosi mi adoravano - ricorda Ciccio - senza sapere che mi ispiravo proprio a lui...”.
“Ricordo - interviene Romeo - che facesti una memorabile partita contro il Canada. L’Italia doveva assolutamente vincere per passare il turno. L’Olimpico era strapieno di gente. E tutti a tifare per gli Azzurri. La nostra prima linea d’attacco (Tino, Giancarlo e Aldo) mise tantissima pressione a Denis (padre di Martin, 3 anelli e 22 anni coi New Jersey Devils) e Tino fece un gol spettacolare, portando in vantaggio l’Italia e facendo esplodere lo stadio”.
“Tino mi passò accanto subito dopo aver segnato l’1-0 - ricorda Giuliano - dandomi una carica pazzesca. Aldo fallì addirittura il raddoppio ed io parai davvero tutto!”.
Una voce, all’improvviso, si fece strada dalle tribune...
“Peccato che poi subisti il pareggio in modo maldestro!”
Riconoscendo il tono della voce, Giuliano si volta di scatto, esclamando verso un gruppetto sugli spalti: “Guarda Tino che mi copristi tu la visuale sul loro pareggio! Cosa fai qua, stiamo ancora lavorando!”
Giuliano e Romeo, abbandonando i loro attrezzi sul ghiaccio, vanno a riabbracciare i loro amici.
“Ragazzi! - interviene Giancarlo -, cosa avete da urlare? Vi hanno sentiti tutti all’Empireo”.
Giuliano e Romeo si stringono a Tino e Giancarlo in un sol abbraccio. Mentre un terzo uomo, più avanti negli anni, resta un filo in disparte.
“E lui? Chi sarebbe?”.
Alla domanda di Romeo, Tino risponde guardandolo in modo estremamente sorpreso.
“Ma come Romeo, parlate tanto di lui e non ti ricordi di Aldo? È arrivato qui solo qualche mese fa. A maggio. Ci siamo fatti dare un permesso da molto in alto per andare al suo funerale a Sault Sainte Marie. E poi, lo abbiamo accompagnato qui”.
“Sapete che oggi c’è la partita, vero? Può venire anche Aldo, se crede”.
Tino risponde quasi infastidito...
“E perché pensi che siamo qua, Giuliano. La tanto attesa sfida di Natale: “H.C. Bolzano contro il Resto del Mondo”. Ho sempre pensato che voi bolzanini foste un tantino megalomani!”
“Senti come parla ‘sto nerazzurro cartonato! - interviene Romeo -. Da che pulpito ‘sti milanesi. Tra voi ed i cortinesi non saprei proprio chi buttar giù dalle nuvole!”.
“State calmi - esclama Giuliano -, oppure arriva Pietro e fa uscire tutti!”
“Tranquillo Giuliano! Il boss ha portato Pav a pesca. Non si faranno vivi prima di qualche ora”.
Dopo questa rassicurazione Giancarlo raggiunge gli altri, proponendogli un caffè al bar del Palazzo. Romeo e Giuliano, intanto, hanno già ripreso il loro lavoro.
“Il ghiaccio deve essere pronto entro mezzogiorno”, aveva ricordato Pietro a quei due.
“E tutto deve essere preparato a puntino. È molto probabile infatti che anche il Titolare possa fare la sua apparizione durante la partita”.
“L’ennesimo miracolo?” - aveva osato sussurrare Romeo, beccandosi la fulminante occhiataccia di Giuliano.
La gente comincia lentamente ad affluire all’interno di quella paradisiaca struttura.
Nene, Michi e Ivan sono tra i primi a sistemarsi in curva. Ci sono infatti gli ultimi ritocchi da dare alle coreografie.
Ieri sera Remo, il Santo, ha fatto entrare anche loro alla festa della vigilia organizzata in teatro. Quello dove si stanno ultimando i sound check del suo prossimo festival. Ballando e cantando a squarciagola quando gli Heaven 17 sono saliti sul palco. Non esattamente il loro gruppo musicale preferito. Ma quando John o Syd ti chiedono crediti impossibili in cambio delle loro esibizioni, ci si deve accontentare di ciò che passa il convento.
Gli eterni campioni del ‘63, anno del primo scudetto biancorosso, viaggiano sempre in formazione compatta. Ed immancabilmente, anche questa volta, entrano in fila indiana. Nemmeno fossero scesi dall’ennesimo pullman messo a disposizione da Alcide, il loro vecchio presidente.
Carmine, il loro leader, ha potuto portare solo una parte del gruppo. E, dovendo scegliere, si è affidato all’usato sicuro. Ovvero i “Ragazzi di via Bottai”.
Il primo di loro, Heini, alla fine degli anni ‘50 lavorò in quella strada da apprendista idraulico, nella ditta gestita dai fratelli Rieger. Ancora oggi l’ala sinistra ha due spalle da granatiere ed un fisico scolpito nel marmo.
Dietro di lui, l’altro Heini, l’aspirante pasticcere. Bello e prestante, come un divo del cinema. Che lavorava nel laboratorio dello zio, posto proprio di fronte ai Rieger.
Sotto i Portici, da Sport Reinstaller, fu assunto Robert. Difensore un po’ macchinoso ma praticamente invalicabile agli occhi di chi aggrediva la sua linea blu di pertinenza.
Il quarto della compagnia di via Bottai era invece Sigo. I suoi avrebbero desiderato averlo sempre in negozio. Quello del fiorente mercato di materassi. Lui però non ne volle mai sapere. Privilegiando la sua vita da atleta ai panni consunti da commerciante.
“Speteme, ciò! Sai chi lo diceva? L’ultimo dei Mohicani!”
La sua voce era praticamente inconfondibile.
Ciccio e Romeo si girano di scatto, pregustando la sua ennesima scenetta.
L’altro Giuliano della compagnia, quello che giostrava spessissimo da ala ed era esilarante per le sue barzellette in dialetto veneto, aveva oramai il fiatone nel tentativo di raggiungere gli altri.
“Sei sempre l’ultimo. E spesso in ritardo, Giuliano!”.
Carmine non le manda certamente a dire quando qualcuno fuoriesce dai binari della disciplina.
“Fioi - disse Giuliano a Ciccio e Romeo - gò sempre le spalle al muro. Sarà mica che me ciamo Frigo de cognome?”.
E giù a sganasciare.
Carmine alza lo sguardo al Cielo. E si sorprende non poco nel vedere quante anime della Candida Rosa dei beati stanno ridendo a quella fulminante battuta.
“La prossima volta ti lascio sul pullman!”, sospira il leader dell’H.C. Bolzano edizione ‘62-‘63.
Alla spicciolata, arrivano anche Giancarlo, Charly, Jarda, Franco...
Visto che Romeo ha oramai a cuore solo la gestione dell’impianto, proprio Franco prenderà il suo posto tra i pali. Ricomponendo assieme all’altro Giuliano la batteria dei primi portieri biancorossi a laurearsi campioni d’Italia.
Poi, accolti da un lungo applauso, arrivano i due opposti coach della tanto attesa sfida natalizia.
Brian e Miro.
Anche se non possono certo dimostrare la loro militanza nei ranghi dell’Armata Biancorossa, la stima ed il rispetto nei loro confronti sono tali da obbligarli a rispondere con entusiasmo all’invito che gli era stato recapitato da Pietro in persona.
Quando invece Aleksander, Thomas e Frank fanno capolino all’interno del ricollocato Padiglione 1, il diffuso vociare cala di parecchi toni.
I tre si guardano attorno, quasi con stupore. Sono assurti da troppo poco tempo in questo Regno di Pace per essere già identificabili ai più.
Roman, Giancarlo e Marco, appena dietro al terzetto, li prendono sotto braccio con benevolenza. Dall’alto dei loro ruoli e della loro autorevolezza.
Poi, molto compassate, giungono anche le stelle straniere.
Come sempre, in testa a tutti, Gordie. Il celeberrimo “Mister Hockey”.
La vera Guest Star della giornata.
Al suo fianco, il trio tutto Canadiens composto da Claude, Jean e Guy.
Eppoi Johnny, la giovane stella dei Columbus Blue Jackets.
Non sfugge a nessuno il momento in cui Jonah, Primo e Mohammed tentano inutilmente di mischiarsi tra le anime abbarbicate lungo la piccionaia del divin santuario dell’hockey. Non è la prima volta, e non sarebbe stata nemmeno l’ultima, che acclamati divi di altri sport tentino di confondersi nella massa di settore. Cosa che, tra gli ultraterreni, non è abitualmente concessa.
Ci sono ovviamente delle eccezioni, come accade ogni singolo giorno nel mondo reale.
Kobe ed Ayrton, ad esempio, sono tra queste.
Dall’ultimo convoglio, atteso davanti ai cancelli del Palazzo, scende una variegata compagnia - composta da Leo, Igor, Franco l’italoamericano, Ray, Dave, Tom e Darcy - intenti ad esaurire le battute di spirito, prima di calarsi nel mood agonistico che li attende.
Pietro, tornato a tempo di record dalla battuta di pesca in Galilea, scarica il borsone di Pav poco oltre il cancello.
Dopo averlo visto dirigersi verso gli spogliatoi, con sguardo colmo di ammirazione, il depositario delle Chiavi del Regno si apposta a guardia dell’entrata. Sapendo benissimo quali saranno gli ultimissimi convocati ad arrivare, fuori tempo massimo, a destinazione.
Gino e Bob. Gli incorreggibili.
Pietro percepisce il loro arrivo quando ancora non sono a portata di vista. Perché gli basta scorgere un nugolo di anime attorno a due figure appena delineate. Per capire che si tratti di loro.
“Non fare quella faccia Pietro! - attacca subito Gino, prima ancora che l’altro possa aprire bocca -. Con tutti gli amici ed i conoscenti che abbiamo ritrovato qui ci è quasi impossibile arrivare puntuali alle vostre convocazioni”.
Mentre Bob sottoscrive ogni minima sillaba del compagno di squadra, Gino riparte all’attacco.
“E tieni bene aperti gli occhi, Pietro. Perché ho visto qui intorno Giovanni, il cortinese “rosso de cavei”. Vedi di non farlo entrare altrimenti mi incazzo”.
Mentre Pietro rimane sul posto, muto ed allibito, una vera e propria ovazione accompagna l’ingresso negli spogliatoi delle due leggende biancorosse.
“Lasciateci passare, che siamo in ritardo! Diavolo Porco!”.
È un attimo.
Tutto attorno, il silenzio cala all’improvviso.
Pietro non può che mettersi le mani sui pochi capelli rimastigli.
Intuendo ciò che sta per accadere.
Un prolungato rumore sordo, accompagnato da vampate di calore, scuote l’Ambiente Celeste.
Qualche istante dopo, inizia un animato conciliabolo tra Pietro ed alcune demoniache presenze.
“Solo perché oggi è il compleanno del vostro Titolare, altrimenti...”.
Grazie all’esperienza maturata sul campo, Pietro riesce a dipanare velocemente una potenziale crisi diplomatica. Mentre riprende colore, tirando un sospiro di sollievo, il paradisiaco match di Natale è pronto ad andare in scena.
“Bravo Pietro - sottolinea Jakob -. Dai che dopo la partita aspetto anche te ai Bagni di Zolfo. Beviamo e mangiamo qualcosa, assieme ai giocatori”.
“Ci penso Jakob, ma tu vedi di cambiare nome alla tua attività. Lo zolfo si addice all’inferno. Non al paradiso...”.
In sala stampa Ugo e Michele sono accolti cordialmente da Ottorino e Gino, due veterani del giornalismo sportivo. Il microfono di Mario, invece, da qualche minuto sta scuotendo con decisione l’illimitato segnale della sua celestiale emittente.
Va subito in gol il Resto del Mondo, con Jean, lanciato alla perfezione in breakaway da un millimetrico taglio verticale in zona neutra di Mr. Hockey. Ciccio non può nulla nell’occasione anche se poi salva la sua porta, durante un’inferiorità numerica, in tre circostanze a distanza ravvicinata.
La partita è godibile, come ci si attendeva. E, come sempre accade a quelle altitudini, molte più anime del previsto hanno palesemente sforato i limiti di capienza del PalaFiera.
Segno inequivocabile del senso di vuoto e di nostalgia di chi non può nulla davanti all’irreversibilità del proprio destino.
Mentre il match prosegue tra innumerevoli colpi di scena, un solo seggiolino della tribuna numerata, non è ancora stato occupato dal suo legittimo proprietario. Il quale, facilmente distinguibile anche per l’originalità del suo nome - Ander -, fa la sua comparsa a partita in corso. Con una tale discrezione da sorprendere tutti i suoi vicini di posto.
Un segno del destino.
La sua apparizione coincide con uno splendido gol del “suo” Bolzano. Quello del definitivo pareggio. A realizzarlo è Ray, l’uomo dei gol pesanti. L’attaccante che “dovevi” assistere quando il tempo scarseggiava. E la posta in palio diventava sempre più alta.
Quell’entità di persone, prima ancora che di anime, che Ander seppe unire con tatto e diplomazia nella salvaguardia di valori importanti. In primis una reale e pacifica convivenza tra elementi di diversi gruppi etnici, fatti accomodare sotto lo stesso tetto, spronati con saggezza verso il conseguimento di obiettivi condivisi. Non solo a carattere puramente agonistico.
La sua fu l’epoca in cui nacquero di riflesso neologismi identificativi come “Hockeytown” o “Cuore Biancorosso”.
Quando la sua poltroncina rossa si svuotò all’improvviso, a causa del suo rapimento, avvenuto la notte tra il 17 ed il 18 dicembre del 1977, i biancorossi spinsero ancora più a fondo sull’acceleratore. Intuendo la sua ferrea volontà: non farsi piegare mai, nemmeno davanti a simili circostanze.
Ander venne liberato il 17 febbraio del 1978. I biancorossi, nella primavera dello stesso anno, festeggiarono la sua liberazione consegnandogli il quarto scudetto HCB della sua storia.
Il match di Natale, come il resto delle attività ludiche praticate lassù, non ammise vinti né vincitori. Anzi, dopo il solito memorabile spettacolo, speso in un vortice di inesauribili emozioni, si consumò un rito consolidato. Quello in cui giocatori e supporters si unirono a formare un unico abbraccio...
Lo stesso in cui, questa notte, avremmo voluto stringere idealmente le persone che ci mancano a quelle che vivono quotidianamente quaggiù, accanto a noi.
Sarebbe un indimenticabile Natale.
Davvero.
Prima di chiudere, anche se sembrerebbe superfluo in alcuni casi, restituiamo l’identità completa a chi è lassù. Ed è stato citato solo col nome di battesimo.
In ordine di apparizione: Pietro, il primo Papa; Fausto Coppi, Romeo Tigliani; Giuliano “Ciccio” Ferraris; Don Rigazio; Toni Sailer; Renzo Alverà; Bibi Torriani; Tino Crotti; Giancarlo Agazzi; Aldo Maniacco; Denis Brodeur; Mark “Pav” Pavelich; Nene, Michi e Ivan: se stessi; John Lennon; Syd Barrett; Alcide Berloffa; Carmine Tucci; Heini Oberdorfer, Heini Bacher; Robert Psenner; Sigo Schlemmer; Giuliano Frigo; Giancarlo Benvenuti; Charly Longarini; Jaroslav “Jarda” Pavlu, Franco Viale, Brian Lefley, Miro Frycer; Aleksander Jaks; Thomas Commisso; Frank Caprice; Roman Gasser; Giancarlo Bolognini; Marco Biasi; Gordie Howe “Mr. Hockey”; Claude Provost; Jean Beliveau; Guy Lafleur; Johnny Gaudreau; Jonah Lomu; Primo Carnera; Mohammed Alì; Kobe Bryant; Ayrton Senna; Leo Insam; Igor Loro; Franco Gallo; Dave Tomassoni; Tom Milani; Darcy Robinson; Gino Pasqualotto; Bob Sullivan; Jakob Geier; Ugo Zucchermaglio; Michele Bolognini; Ottorino Scolfaro; Gino Sembianti; Mario Bertoldi; Ander Amonn; Ray Podloski.
Un sereno Natale a loro.
A tutti gli altri.
E, naturalmente, anche a voi...
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Al termine dell’allenamento di venerdì mattina, prima delle 2 partite casalinghe dei Foxes, Carlo Bassetti, del portale d’informazione e social network bilingue www.salto.bz ha intervistato Samuel Harvey, fortissimo portiere biancorosso.
Ve la proponiamo, ringraziando per la gentile concessione, e congratulandoci con chi l'ha realizzata.
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Per i Foxes il torneo principale, quello che occupa gran parte della stagione hockeistica, quello che in gergo potremmo chiamare semplicemente “il campionato” (più specificatamente la ICE Hockey League) ricomincia questa sera alle ore 19:45 quando i biancorossi affronteranno le aquile di Znojmo. Una squadra che ci ricorda la voglia di “non mollare mai” del Bolzano e le grandi emozioni di una serata che ci permise di riacciuffare per la coda i playoff e che fece da trampolino di lancio per quella incredibile rincorsa dall’ultimo posto, poi coronata come tutti benissimo ricordiamo, così come ci fa riaffiorare un retrogusto amaro per un’altra parte di stagione giocata alla grande dai ragazzi del allora coach Ireland e poi stoppata dall’ imperversare del virus proprio quando da quei quarti di playoff arrivavano bagliori e segnali che definivano orizzonti, ancora una volta, a tinte biancorosse… Bentornata, quindi, alla squadra ceca in questo torneo che per la prima volta vedrà ai nastri di partenza squadre di ben 6 nazioni, grazie anche all’iscrizione di una nuova società di Lubiana (HK Olimpia). Benvenuti, quindi, agli sloveni così come al rItorno di un sempre stuzzicante derby con il Val Pusteria. Ma bentornata sopratutto alla passione che vedrà il ritorno, almeno parziale, del pubblico e del tifo al PalaOnda. Per dare il via alla stagione, abbiamo pensato a questa nuova immagine di copertina per la pagina Facebook (la ritroverete in altra versione anche nel sito undefined). Un’immagine con diversi simboli che ci legano a questa grande passione, alla storia della squadra che amiamo, che ci rappresenta e che rappresenta la nostra città. Passione, squadra/società proiettate a dipingere una città che spesso ci vantiamo e presumiamo di acclamare ed eleggere a “Hockeytown”.
Siamo convinti che per favorire la diffusione ed il rafforzamento dello sport dell’hockey su ghiaccio e “viverlo” a 360º nell’ambito cittadino sarebbe necessario cercare di adoperarsi più incisivamente per facilitare la creazione di nuovi giovani e giovanissimi praticanti con la disponibilità di almeno una seconda pista coperta, ma anche, forse, curare ed incentivare i rapporti tra gli appassionati e società. Ma non siamo certo qui per affrontare argomenti complessi (ma che comunque sono “sul piatto” da un po’ troppo tempo e che andrebbero senz’altro affrontati) bensì per brindare alla nuova stagione, all’opportunità di poterla vivere in prIma persona e “in presa diretta” pronti ad entusiasmarci come sempre davanti alla voglia di onorare la nostra maglia che anche quest’anno i ragazzi del HCB sapranno coraggiosamente e orgogliosamente dimostrare.
FORZA BOLZANO, GO FOXES!!!
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di Gerda Heidegger Fabio Gobbato 13.02.2023
“Grazie di tutto, Ryan, a presto. Ah, dimenticavamo: ci puoi mandare delle foto anche mentre giocavi da bimbo?”. “Of course, no problem”. Dopo qualche ora sul cellulare arrivano alcune delle foto che vedrete in questo articolo, e questa:
L’aneddoto descrive alla perfezione l’anima giocosa di Ryan Culkin, diventato velocissimamente uno dei “miti” dell’Hc Bolzano di questa stagione. Forte è forte, ed infatti ha segnato 3 gol e 23 assist, ma il difensore che porta la maglia numero 7 è entrato nel cuore dei tifosi bolzanini anche per la sua danza a fine partita nella quale alza una delle due ginocchia e muove entrambi i pugni dal basso verso l'alto. Un'esultanza, questa, che è ormai divenuta un rito dopo ogni vittoria: anche sotto la curva del Pusteria nell'ultimo derby disputato a Brunico, cosa ovviamente poco gradita dai tifosi avversari. Ma come spiegherà lo stesso giocatore, quello è stato un gesto puramente istintivo dovuto al post "trance agonistica" e fatto senza cattiveria. C'è da credergli.
Dopo una carriera di tutto rispetto in Nord America (giovanissimo fu “draftato” dai Calgary Flames), Culkin è approdato in Europa durante la pandemia ed ha giocato a Bratislava e Znojmo. Da inizio stagione è uno dei pilastri difensivi della squadra di Glen Hanlon e "colui che fa gli scherzi" nello spogliatoio biancorosso. Lo abbiamo incontrato al Palaonda dopo un allenamento.
salto.bz: Nello spogliatoio sei conosciuto come "il burlone". È sempre stato il caso di essere "quello divertente" in un gruppo?
Ryan Culkin: (ride) Credo di sì, anche a scuola ero sempre uno dei clown della classe. La migliore medicina è la risata, ne sono convinto. Per questo mi piace scherzare e posso anche sopportarlo, perché anche i ragazzi non hanno paura di farmi scherzi. È iniziato tutto quando avevo 16 anni e giocavo nella Junior League del Quebec. I miei compagni di squadra pensavano che fossi divertente e mi piaceva farli ridere. Da quel momento in poi, quello è stato il mio "ruolo" nella squadra. E da allora mi è piaciuto molto.
Qual è stato lo scherzo più divertente che ha fatto ai suoi compagni di squadra?
Non so se mi è permesso parlarne (ride), forse non è stato così divertente per tutte le persone coinvolte. Uno dei classici, ad esempio, è la manipolazione dell'attrezzatura. Le nostre mazze da hockey sono ora molto leggere e pesano pochissimo. Uno dei ragazzi mi prendeva in giro ogni giorno, così un giorno ho riempito tutti i suoi bastoni d'acqua e quando è uscito sul ghiaccio, tutti i suoi bastoni pesavano circa 3 chili. Lui non pensava che fosse così divertente, ma per me all'epoca lo era davvero.
Ci sono state anche situazioni in cui uno scherzo è andato un po' storto e in seguito vi siete trovati nei guai?
Non sono molto contento di uno dei miei scherzi. All'epoca ero in Nord America a giocare nella ECHL. Un pomeriggio ho chiamato diversi amici e ho fatto finta di essere il direttore generale di una squadra molto famosa. Ho detto loro che erano stati convocati per un campionato superiore. La maggior parte di loro ha capito subito che ero io la persona all'altro capo del filo e non è caduta nello scherzo telefonico. Ma uno dei miei amici l'ha fatto ed è rimasto molto deluso e arrabbiato quando gli ho detto che l'avevo chiamato.
Ormai ogni tifoso dell'HCB dovrebbe conoscere il vostro ballo alla fine di tutte le partite vinte. Come è nata questa idea? Lo avete fatto anche in altre squadre?
È la prima volta che si arriva a tanto. L'anno scorso ho giocato a Znojmo e in effetti la danza è nata lì. I tifosi hanno dei tamburi con cui incitano la squadra per tutta la partita. In generale, l'atmosfera è molto diversa durante le partite in Europa rispetto al Nord America e anche dopo la partita, quando possiamo festeggiare con i nostri tifosi. A Znojmo la danza era molto celebrata, quindi ho voluto provarla anche qui a Bolzano. Da allora ho letto e sentito molti commenti positivi su questo. Alcune squadre sono meno entusiaste, ma so che i nostri tifosi lo amano e lo amo anch'io. È divertente (ride).
L'hai appena detto, ci sono grandi differenze tra il giocare in Europa e in Nord America. Qui è più rumoroso, la "curva" non esiste nemmeno in Nord America. Che te ne pare? Ci si abitua rapidamente?
Sì, è vero. Non so nemmeno se in Nord America sia consentito portare la batteria allo stadio. Negli stadi c'è molta tranquillità, i tifosi applaudono e tifano per le squadre a modo loro. Qui, però, il tifo è costante ed è bello sentire i tifosi per tutto il tempo. Soprattutto quando siamo sotto di un gol, ci sprona e ci aiuta a trovare la motivazione necessaria per vincere. Spero che continuino così nei play-off.
Lei viene da Montreal, una metropoli multiculturale. Come è cambiato per lei vivere improvvisamente in una città così piccola come Bolzano?
Ha sia vantaggi che svantaggi. Mi piace che qui ci sia così poco traffico. A Montreal è terribile. C'è sempre molto traffico e congestione, a qualsiasi ora del giorno si esca di casa. Se volete andare in centro, potete impiegare almeno un'ora. Anche se si tratta di pochi chilometri da percorrere. Adoro le montagne qui. Ogni mattina, quando mi sveglio, non riesco a credere alla bellezza di questa zona. Certo, la vita qui è molto diversa, ma mi piace e spero di rimanere il più a lungo possibile.
Perché ha deciso di continuare la sua carriera in Europa?
In realtà avevo intenzione di giocare ancora un anno in Nord America. Ma a causa della pandemia di Corona, come sappiamo, tutto è stato chiuso. Gli unici campionati che si giocavano all'epoca erano quelli europei. Tutti i campionati americani hanno posticipato di molto la data di inizio. In Europa c'erano anche ottimi protocolli anti-Covid all'interno delle squadre e quando il mio agente ha ricevuto una chiamata dai Bratislava Capitals, ho deciso di provare un anno in Europa. Certo, quest'anno è stato molto particolare, è stato strano senza tifosi sugli spalti. Nel frattempo, sono in questa lega da due anni e mezzo e mi piace molto. È sicuramente meno impegnativo dal punto di vista fisico, si giocano meno partite e anche i viaggi per le trasferte di solito non sono troppo lunghi.
Sareste rimasti in Nord America se non ci fosse stata la pandemia di Covid19?
Ad essere onesti, sì, probabilmente. Non mi è mai piaciuto cambiare, è sempre stato difficile per me, a partire dalle cose più piccole. Trasferirsi dall'America all'Europa è ovviamente un grande cambiamento. A casa ho la mia ragazza, la mia famiglia, quindi questa decisione non è stata facile per me. Naturalmente, sapete quanto io ami l'hockey e che un'opportunità del genere non capita tutti i giorni. Sono felice di aver preso questa decisione perché è stato un grande passo per me.
La danza post partita entusiasma la curva (e non solo) biancorossa, ma ha fatto infuriare i tifosi del Pusteria quando si è diretto verso di loro esultando. Come è andata quella sera?
Non credo di essere uno sbruffone quando vinco o un cattivo perdente. Anche il Brunico ha una grande tifoseria e i fan amano la loro squadra tanto quanto i nostri tifosi. Ricordo che prima del derby ho ricevuto un messaggio da uno dei nostri tifosi, che diceva: "Per favore, se vinciamo, fai il tuo ballo dopo la partita". E ovviamente anche i miei compagni di squadra adorano il ballo e quindi mi hanno detto: "Forza, fallo". Avevamo vinto ed eravamo molto felici e quindi ho un po' esagerato. Per i nostri fan credo sia stato bello, ma non volevo mancare di rispetto agli avversari e ai loro tifosi.
Squadra e giocatori NHL preferiti?
Credo di essere un po' di parte perché vivo a Montreal, quindi la mia squadra preferita sono i Montreal Canadiens. Dopo tutte le partite al mattino io e Angelo Miceli, anche lui di Montreal, commentiamo gli highlights. Ho avuto la fortuna di crescere con genitori appassionati di hockey che mi hanno portato a vedere un sacco di partite. Ho conosciuto alcuni giocatori, quindi la mia squadra preferita di uno dei miei giocatori preferiti è stato, non so se ve lo ricordate, Andrei Markov, un gran difensore, intelligente in difesa e dotato di grande talento offensivo. Lui è il mio giocatore preferito di sempre.
Si parla molto della buona chimica all’interno dello spogliatoio del Bolzano. E’ una situazione normale o è qualcosa di speciale quest'anno?
Penso di aver giocato in alcune squadre che avevano un buon affiatamento, ma quest’anno siamo tutti molto uniti ed è raro che questo accada in una squadra europea, perché di solito ci sono sempre due gruppi, I giocatori stranieri e i giocatori locali. Invece qui ci frequentiamo tanto tra di noi e questa è la prima volta che mi capita. È solo il terzo anno che gioco in Europa, ma è pazzesco. E credo che questo abbia molto a che fare con Glenn Hanlon, che ci vuole tutti molto uniti. Non vedo i ragazzi da qualche giorno e mi mancano. Capite cosa intendo? Questo, direi, la dice lunga.
Il livello in Ice Hockey League sembra un po' più alto rispetto all'anno scorso, o forse la sensazione è dovuta al fatto che la squadra biancorossa è particolarmente amalgamate bene.
Penso che ogni anno stia migliorando e che ogni squadra in classifica non possa essere presa alla leggera, perché ad esempio noi abbiamo faticato contro Voralberg (squadra ultima in classifica, ndr), e poi ci sono davvero delle grandi squadre. Dobbiamo assicurarci di giocare sempre al massimo perché chiunque può vincere contro chiunque.
E qual è il problema con Villach? Finora avete perso tre partite su quattro.
Sai, penso che potrebbe essere colpa mia (sorride, ndr) perché ricordo che quando giocavo per il Bratislava e anche l'anno scorso, non credo che abbiamo vinto una partita contro di loro, che giocano con uno stile di gioco diverso, molto veloce, rapido. Credo che qui a Bolzano abbiamo giocato alla pari ma non abbiamo avuto fortuna in alcune occasioni e anche il nostro gioco di potenza non è stato finora così efficace contro di loro. Sono una grande squadra, hanno un grande allenatore e un grande gruppo di giocatori. Quindi non vedo l'ora di giocare di nuovo contro di loro.
Anche Salzburg è un vero e proprio squadrone.
Sì, esattamente, sono una grande squadra. Penso che l'ultima partita della stagione potrà determinare il primo o il secondo posto (scherzo del destino, lo scontro diretto è previsto alla Sparkasse Arena il 26 febbraio ed è l’ultima partita della regular season, n.d.r.) ma detto questo, tutti noi crediamo di avere la possibilità di andare lontano e dobbiamo solo, ovviamente, lavorare sodo e fare il nostro gioco e rimanere positivi. Penso che a volte sia facile essere positivi quando le cose vanno bene ma l’atteggiamento positive va tenuto sempre. Siamo una squadra difficile da battere.
La differenza maggiore tra hockey europeo e hockey americano?
La superficie del ghiaccio qui è molto più grande, e io non sono un tipo grande e grosso, quindi non mi piace essere colpito più di tanto. Sai, ho un po' di paura (scoppia a ridere …) Sto scherzando, ovviamente. Il fatto è che con la pista più grande è probabilmente più facile manovrare e pattinare. Mentre con una superficie di ghiaccio più piccola, a volte è più difficile togliersi di mezzo e un ragazzo grande che ti viene addosso può farti male. Quindi mi piace la pista da ghiaccio più grande (ride).
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- Scritto da Marco Lombardi
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HK Olimpija
Il sodalizio di Lubiana nasce nel 2004 con il nome di Športno društvo hokejske selekcije Olimpija (SD HS Olimpija) come società satellite dell’HDD Olimpija Ljubljana per gestire il settore giovanile. Dalla stagione 2006/07 prende parte con una squadra senior al massimo campionato sloveno Slovenska hokejska liga (SLO-1), nei primi tre anni di attività il migliore risultato è l’approdo ai quarti di finale. Dalla stagione 2010/11 cambia denominazione in Hokejski Klub Olimpija (HK Olimpija). Nella stagione 2010/11 vince la finale per il terzo posto della Slovenska hokejska liga (SLO-1) contro l’HK Triglav Kranj. Dalla stagione 2013/14 interrompe l’attività senior e si dedica solo all’attività giovanile, proprio in questa stagione si laurea campione della Erste Bank Young Stars League (AUT-U20).
Dalla stagione 2017/18 diventa indipendente complice il fallimento della società madre HDD Olimpija Ljubljana e iscrive una squadra senior alla AlpsHL (ITA-1, SLO-1, AUT-2) e al campionato sloveno Slovenska hokejska liga (SLO-1). Nel campionato nazionale raggiunge la finale contro l’ HDD Jesenice nel 2017/18 e nel 2018/19 vincendo il titolo al secondo tentativo e facendo così un’accoppiata stagionale con la vittoria sull’HC Val Pusteria nella finale della AlpsHL, gli sloveni riescono ad aggiudicarsela a gara 7, dopo aver rimontato la serie che li vedeva sotto di 3 gare a 1.
Dopo il successo contro un'altra italiana, l'Asiago, ottenuto nella stagione 2020/21, il team decide di reiscriversi al torneo internazionale ex EBEL, che nel frattempo ha cambiato nome in ICE Hockey League.
In bacheca vanta anche due titoli della Pokal Slovenije (Coppa di Slovenia) vinti nelle stagioni 2018/19 e 2019/20 sempre nell’eterna sfida con HDD Jesenice. Dalla stagione 2021/22 prende parte alla ICEHL (AUT-1).
A livello internazionale, oltre alla AlpsHL, ha preso parte dal 2009/10 alle tre stagioni della Slohokej liga (lega internazionale gestita dalla federazione slovena) dove nelle stagioni 2010/11 e 2011/12 perde entrambe le finali con l’HK Partizan Belgrado. Partecipa a tre edizioni della IIHF Continental Cup (2011/12, 2019/20 e 2020/21).
I colori sociali sono il verde ed il nero e disputa le partite interne alla Hála Tívoli (4000 posti) impianto costruito nel 1965 e successivamente rinnovato in diverse occasioni.
(aggiornamento al 28/07/2025)
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