
Alcune curiosità nella lunga storia del derby fra Bolzano e Brunico che oggi al Palaonda arriva al nr. 200. Assi di bastoni nr. 38 di Andrea Scolfaro per una sfida infinita. Buona lettura.
Dall’enorme terrazzo di casa, la guardo luccicare, nel parcheggio condominiale di via Orazio.
Lei, verde come uno smeraldo, ha pochi chilometri di vita. Sopra il suo telaio, oltre a qualche quintale, viaggeranno l’orgoglio e le aspettative del giovane apprendista reporter che incarnai.
Nell’autunno del 1988.
Avevo da poco acquistato, con risparmi ferocemente accumulati in anni di collaborazioni, tra radio private e Giornale Alto Adige, il primo restyling della stupenda Y10. Quella con il tettuccio apribile. Quando mi fermavano davanti alla gelateria Fantasy, le amiche ci ronzavano attorno come giovani apine sui ciclamini, il fiore autunnale per eccellenza.
Guardo l’ora. È tempo di dirigermi in via Museo. Per ritirare negli studi di NBC Stereo l’attrezzatura con la quale mi recherò al  “LungoRienza”. Per speakerare il derby tra Brunico e Bolzano. Previsto per l’undicesima giornata di campionato, seconda del girone di ritorno.
“LungoRienza”. Per speakerare il derby tra Brunico e Bolzano. Previsto per l’undicesima giornata di campionato, seconda del girone di ritorno.
A quei tempi, allestire una radiocronaca, non era decisamente un gioco da ragazzi. I cellulari erano in commercio da qualche anno, a prezzi inavvicinabili per un collaboratore che lavorava ancora a ritenuta d’acconto. E nemmeno le radio libere avevano abbastanza mezzi economici per dare in dotazione ad ogni speaker un simile prodotto tecnologico d’avanguardia.
Quindi, ci si arrangiava. Con mezzi alternativi. Che però obbligavano, soprattutto in trasferta, a mercanteggiare una linea telefonica con il proprietario della casa o del locale con il miglior affaccio sulla pista ghiacciata di pertinenza. Mediamente, in cambio di qualche decina di mila lire.
A Merano, ad esempio, c’erano le terrazze dell’hotel Lux, posto in perpendicolare sul “PalaMainardo”. Ad Alleghe, il poggiolo della casa padronale della famiglia Checchini. A Cortina, se non avevi una prolunga di cavo telefonico lunga almeno una cinquantina di metri, collegante gli spogliatoi con una postazione di fortuna dietro alla balaustra, potevi tranquillamente girare la Y10 e tornare a Bolzano.
A Brunico, invece, dovevi stare molto attento ai lupi. Che non significa: ai giocatori pusteresi. Ma proprio a Udo e Wolfi, i cani lupo di proprietà di un vecchio contadino. La cui casa era la prima a ridosso del “LungoRienza” ed aveva una linea telefonica adeguata a completare la missione: mandare in onda la radiocronaca del sempre attesissimo derby tra Brunico e Bolzano.
Per quello, in particolare, il compianto Mario Bertoldi (titolare di NBC Stereo ed uno dei migliori cronisti di giudiziaria che io abbia mai conosciuto nell’ambiente) mi mise a disposizione un avveniristico impianto wireless. Dotato di una cornetta portatile a batteria, collegata ad una ingombrante centralina elettronica.
Nei nostri test di fattibilità in studio, prima della mia partenza, non tenemmo però conto delle temperature glaciali che, a fine novembre, viaggiavano di notte - e viaggiano ancora - in Pusteria.
Le batterie della cornetta portatile si esaurirono molto velocemente, sotto l’influsso dei 10 gradi sotto zero di una serata particolarmente ventosa.
In quella circostanza mi salvò la generosità dei baristi dello stadio, che mi misero a disposizione il telefono a gettoni con il quale garantire almeno tre o quattro interventi a periodo.
Potei descrivere l’ampio successo dell’Armata Biancorossa per 7-2, sospinta da uomini particolarmente ispirati come Bruno Baseotto (hat-trick) e Mark Pavelich (doppietta), ai quali rispose il solo John Samanski, autore dei due gol pusteresi. Giocatore che, alla penultima giornata della fase regolare, ebbe la soddisfazione di realizzare la rete numero 1000 del torneo.
 ai quali rispose il solo John Samanski, autore dei due gol pusteresi. Giocatore che, alla penultima giornata della fase regolare, ebbe la soddisfazione di realizzare la rete numero 1000 del torneo.
In quella stagione, si aprì l’epopea di Gates Orlando in biancorosso (57 gol e 45 assist in 44 incontri, nell’88-‘89). Uno straordinario centro, uno dei migliori transitati in Europa in quel Decennio ed in quello seguente. Inoltre, il Bolzano poté contare anche su Martin Pavlu e Lucio Topatigh, Gino Pasqualotto, Robert Oberrauch e Maurizio Scudier.
Quella vittoria dell’autunno 1988 venne definita di basilare importanza nell’economia della regular season del Bolzano che, nelle prime 11 giornate, ottenne 8 vittorie e 2 pareggi (l’overtime era ancora lontano dall’essere contemplato). Con la sola battuta d’arresto casalinga maturata contro Milano (4-5) di un Tony Fiore in stato di grazia (3 gol, 2 assist).
Ma, una brutale flessione del Bolzano nel girone discendente (3 sconfitte in 4 incontri, due delle quali davvero inopinate: in casa di Asiago ed Alleghe), diedero forza e consapevolezza all’ottimo Varese di Jim Corsi, Frank Nigro, Maurizio Catenacci, Cesare Carlacci e Pat Micheletti, condotti con fermezza e sagacia dal genio di Bryan Lefley, verso il secondo titolo nella storia dei Mastini.
Quando si pensa alle sfide di campanile contro i “Puschtra” tornano alla memoria fior di battaglie, momenti unici e straordinari. Anche di un passato non più recentissimo.
Non si può non menzionare la stagione ‘77-‘78, quella che scosse l’opinione pubblica a livello nazionale, a causa del rapimento che vide come sventurato protagonista il presidente biancorosso, Ander Amonn.
Prelevato con la forza dalla mala sudamericana, proprio sotto casa, nella notte del 18 dicembre 1977, il noto imprenditore, nonché massimo dirigente dell’Hockey Club Bolzano, rimase nelle mani dei suoi rapitori fino all’alba del 17 febbraio 1978. Quando, a Milano, un tassista decise di buon grado di riaccompagnarlo a Bolzano, nonostante Amonn versasse in condizioni davvero precarie.
Fu proprio alla vigilia di quella stagione che il team brunicense decise di rivoluzionare l’organico in modo alquanto profondo.
Guidato da un allenatore-giocatore finlandese, l’attaccante 33enne Jorma Peltonen, e con il solo connazionale Hannu Lojuola a dare qualità ed esperienza al blocco difensivo, il Brunico targato Presolana decise per la svolta epocale. E fece leva su una programmazione societaria rivolta espressamente ai profili di maggior interesse del suo settore giovanile.
Quel roster fu composto per tre quarti da giocatori al di sotto dei 21 anni.
Così impostata, l’ossatura del team fece la fortuna dei pusteresi, per un lunghissimo periodo.
I portieri Ossi Pezzei e Reini Oberjakober, i difensori Roberto Boaretto e Klaus Crepaz, gli attaccanti Franz Pramstaller, Paul Oberhuber, Andrea Tomasini, Manni Oberjakober e Marco Endrizzi furono i protagonisti di momenti davvero importanti nella storia del sodalizio giallonero.
Quel Brunico, così acerbo ed inesperto, totalizzò soltanto 6 punti in quel campionato. Evitando la sconfitta solamente in quattro circostanze (2 vittorie e 2 pareggi). Incassò pesantissimi rovesci e concluse la stagione con 303 reti subite in 32 incontri.
Fece particolarmente sensazione il risultato che maturò nel derby giocato in via Roma, dove il Bolzano si impose sul Brunico addirittura per 25-4. Che rimane - e rimarrà, molto probabilmente, nei secoli dei secoli - il risultato più rotondo e sostanzioso presente nello “storico” del derby.
L’infinito duello tra Lupi gialloneri e Foxes biancorosse fece salire sul palcoscenico della serie A un accesissimo confronto nella stagione ‘80-‘81. Quella che certificò ufficialmente la memorabile riapertura ai giocatori di origine italiana ma di scuola nordamericana. I cosiddetti oriundi.
Il primo a sbarcare in Italia, con quelle credenziali anagrafiche, fu il grande John Bellio.
Arrivato da Hamilton (Ontario) - in realtà nella stagione precedente - ed allettato dalla possibilità di giocare nella terra dei suoi avi e da un biennale che gli venne offerto dal Cortina, si impose immediatamente. Sia alla critica che alle platee del Vecchio Continente.
Tornando al derby di fuoco del 25 gennaio 1981, quello che oppose Würth Bolzano e  Brunico H47, lo seguii dagli studi di Radio Bolzano 102. La prima emittente privata per la quale collaborai.
Brunico H47, lo seguii dagli studi di Radio Bolzano 102. La prima emittente privata per la quale collaborai.
Il blocco biancorosso, garanzia d’origine controllata, era costituito dall’Immenso Gino, Giorgione Tigliani, i fratelli Gasser e Mair, Rolly Benvenuti, Raimondo Refatti, un giovanissimo Martin Pavlu, e due oriundi di provata affidabilità. Come Dave Tomassoni e Tom Milani.
Sull’altro pancone del Palaghiaccio di via Roma, i Lupi. Allenati in quegli anni da Gianfranco Da Rin. La vera sorpresa di quel campionato, uno degli ultimi senza i playoff. Che i pusteresi conclusero alle spalle delle Furie Rosse gardenesi di Ron Ivany, campioni in carica, e del Bolzano.
Prima di questo derby Jack Holmes, il coach biancorosso del momento, predicò massima prudenza alla squadra. In rispetto di un avversario alquanto imprevedibile e scorbutico.
Purtroppo per il Bolzano, però, già nel primo periodo il match prese una bruttissima piega.
Segnò subito Paul Oberhuber, pareggiò Martine Pavlu - dopo splendida combinazione con Michael Mair - ma “Ciccio” Endrizzi ed Andrea Tomasini, fecero impennare nuovamente le quotazioni brunicensi.
Nel secondo tempo, il duello tra i due portieri, Giorgio Tigliani e Reinhard Oberjakober, fu realmente sensazionale. Ed il risultato si sbloccò solamente grazie ad un’invenzione di Rolly Benvenuti, alla sua ultima stagione in maglia biancorossa, ad un minuto dalla seconda sirena.
 alla sua ultima stagione in maglia biancorossa, ad un minuto dalla seconda sirena.
Il boato che si levò, improvviso, a riempire la volta del PalaFiera, si spense immediatamente.
Perché Marco Endrizzi, nuovamente, ci impiegò solo una ventina di secondi a riportare il Brunico sul doppio vantaggio esterno.
Chiuso in uno studio radiofonico, pensai a quanto fondamentale fosse quella potenziale vittoria biancorossa nell’economia della lotta per lo scudetto, conteso con ferocia al Gardena. Vivendo l’avvenimento in uno stato di crescente sofferenza. Come tutta Hockeytown, del resto.
Terzo ed ultimo round: Gino Pasqualotto, nella cui carriera si impose spesso come attaccante aggiunto, riuscì a ridare voce a tutto il “PalaFiera”.
Quando il gol dell’auspicato pareggio venne realmente servito da Tom Milani, sul tavolo verde del derby, i cuori biancorossi, compreso il mio, ripresero a battere regolarmente.
Realmente nulla, avrebbe però lasciato immaginare quanto accadde negli ultimi decisivi minuti di quell’indimenticabile match.
Spazzolando le frequenze di altre realtà radiofoniche bolzanine, ebbi modo di apprezzare i due speaker di Radio Quarta Dimensione, l’ex portiere Luciano Titton e l’avvocato-ultrà Adriano Secchi, capaci di moltiplicare quel pathos esibendo una sincopata conduzione di altissimo livello.
Ed io rimasi lì, incollato alla radiolina, appeso alle loro voci. Pregando che il miracolo si avverasse.
A 7 minuti dal termine, Herbert Strohmaier pescò dal mazzo della contesa un jolly tanto provvidenziale quanto opportuno, portando per la prima volta il Bolzano in vantaggio.
L’atmosfera passò in un attimo da elettrizzante ad indemoniata.
Lo speaker intanto chiamò gli ultimi due minuti di gioco.
Ed un flash dallo studio annunciò che in quella notte, così emozionante da togliere il fiato, il Gardena superò in scioltezza (11-0) il Valpellice, la squadra materasso del torneo.
Due secondi appena ed il sollievo per la prodezza di Strohmaier venne spazzato via da una perla balistica di Franz Pramstaller. Adriano Secchi esclamò senza indugio: “Vinciamo!”. A voler rassicurare l’ascolto.
ll soffio di un ingaggio soltanto ed Herbert Strohmaier, ancora lui, fece venir giù il Palazzo.
Con un gol dei suoi. Che valse una vittoria fondamentale. Anche se la storia, alla fine, disse altro. Perché il Gardena, già campione in carica, toccò l’apice più alto della sua esistenza agonistica confermando il titolo anche nella primavera del 1981.
La grande rivalità in Alto Adige, tra la squadra del capoluogo e quella giallonera, risale in pratica alla Notte dei Tempi. Ovvero, quando i cancelli della serie A si chiusero nella stagione agonistica ‘55-‘56 nel rispetto delle imminenti Olimpiadi invernali di Cortina d’Ampezzo.
Solo la Promozione (l’obsoleta serie B) ed il campionato Allievi (l’attuale Juniores) vennero effettivamente certificati negli archivi storici della disciplina.
E proprio nel Girone C della Promozione fece capolino, per la prima volta, la dicitura Brunico in una competizione federale. I pusteresi, nel triangolare con Vipiteno e Renon, persero tutti gli incontri. Ma ebbero la consolazione di mettere sul ghiaccio il primo team ufficiale della loro storia.
Quattro anni più tardi, esattamente il 14 febbraio 1959, Brunico perse a Milano per 8-3 contro l’SSV Bozen, nella semifinale di Promozione.
Da lì, cominciò però gradualmente a strutturarsi, anche economicamente.
Fino a compiere finalmente il grande salto in serie A, nella stagione ‘72-‘73.
Dove chiuse al settimo posto su nove squadre. Lasciandosi alle spalle Asiago ed Auronzo.
“Zero Tituli!”, la parafrasi tanto cara a Josè Mourinho, nell’hockey contemporaneo è diventata di stringente attualità quando facciamo scivolare il focus del dualismo tra Bolzano e Brunico all’interno del XXI secolo.
Lo stereotipo del tifo biancorosso si fa beffa del “rivale” giallonero davanti alla sua bacheca, quasi disadorna. Mai più aggiornata dopo la singola Coppa Italia conquistata nel 2010-2011 e le tre Supercoppe italiane raccolte tra il 2011 ed il 2016.
Nessuno scudetto, alcun titolo in AHL e tanto meno in ICE, per i Lupi.
Un inseguimento alla fama ed alla gloria terrena, le stesse che appaiono nelle strofe del Purgatorio di Dante Alighieri, destinato a durare chissà per quanto.
Piuttosto atroce per i pusteresi, nel 2019, fu l’esito della Alps Hockey League. Quando a Brunico, in gara 7 di finale, l’Olimpija Lubljana completò un’incredibile rimonta, sia nella serie che nell’ultimo e decisivo match.
Trascinati dal suo top scorer, Ales Music, i Draghi Verdi sollevarono in faccia al Valpusteria un trofeo che era già stato imprudentemente collocato, sul tavolo delle premiazioni, pavesato con fiocchi gialloneri.
 Ales Music, i Draghi Verdi sollevarono in faccia al Valpusteria un trofeo che era già stato imprudentemente collocato, sul tavolo delle premiazioni, pavesato con fiocchi gialloneri.
Per contro, il tifo pusterese non si è mai risparmiato nelle derisioni rivolte ai biancorossi. Specialmente nelle ultime stagioni, quando l’Hockey Club Bolzano non è mai riuscito a valicare l’ostacolo salisburghese. Sia in finale che in semifinale.
“Vicende umane!”, verrebbe da esclamare. Destinate inesorabilmente ad essere sovrascritte dallo scorrere del tempo.
Quello di stasera (Palaonda, ore 19:45), rappresenta un’emblematica pietra miliare nella storia di questo sentitissimo derby. Perché sarà il 200° dell’Era Moderna. Una cifra che lascia ampio spazio a tutte le riflessioni del caso.
Negli ultimi 12 confronti diretti, tenendo conto delle ultime tre stagioni, sette sono state le vittorie dei biancorossi, cinque dei gialloneri.
Il Falkensteiner Pustertal non vince a Bolzano dal 6 gennaio 2024. Quando si impose per 4-1.
Al gol di Mike Halmo nel primo periodo, gli ospiti risposero con Deluca, Andergassen, Petan e Frycklund.
In questa edizione di ICE, i pusteresi si sono già imposti per 5-3 nel primo match di stagione, andato in scena lo scorso 10 ottobre all’Intercable Arena. Quando i biancorossi, sopra di due reti, si videro ribaltare letteralmente dall’avversario negli ultimi due periodi di gioco.
Ogni derby ha storia a sè.
Ed anche l’avvicinamento ad esso non può e non deve avere lo stesso peso specifico che ha in natura. Non si può fare a meno, però, di riconoscere la rispettiva andatura con le quali i due rivali arrivano alla super-sfida di questa sera.
L’Armata Biancorossa è reduce dall’opaca prestazione casalinga di due giorni fa contro il KAC. Mentre, invece, gli uomini diretti da Jason Jaspers hanno sbancato di forza il ghiaccio dei 99ers allungando a cinque incontri la propria serie positiva.
Al momento, le statistiche e le singole classifiche vedono ampiamente in vantaggio il team di Brunico. Che vanta, tra le altre peculiarità, anche la coppia più temibile e pericolosa dell’intera ICE. Composta da Cole Bardreau ed Henry Bowlby (42 punti complessivi suddivisi in 14 giornate). Ultimamente, anche due vecchie conoscenze dell’hockey italiano, Nick Saracino ed Alex Ierullo, hanno calibrato in modo ottimale il mirino. Andando a segno con regolarità nelle ultime uscite.
Ci sarà anche modo di assistere al rinnovato duello tra due dei migliori goalie della Lega: Sam Harvey ed Eddie Pasquale.
I Foxes devono ritrovare la fluidità e l’efficacia del loro miglior power-play, sotto lo standard abituale contro il KAC. Ed hanno anche necessità di perfezionare la mira in fase conclusiva. Inoltre, gravano inevitabilmente sul team anche i problemi fisici legati ad alcuni protagonisti.
Dovranno sicuramente rinunciare a scendere sul ghiaccio sia Pascal Brunner (uscito malconcio mercoledì sera) che il lungodegente Dylan Di Perna. Mentre Mark Barberio viene costantemente monitorato dallo staff medico biancorosso. Ma è ancora in forse per il 200° derby della storia.
Le Volpi, belle, armoniose e scaltre (come la vecchia e cara Y10...) hanno ripreso a carburare dopo la vetrina di Champions Hockey League. Ma devono ritrovare continuità.
Se saranno furbe e maliziose, come si augura il popolo di Hockeytown, potranno azzannare il capo dei Lupi. E disperdere il resto del branco.
Forza vecchio Cuore Biancorosso!
Ora più che mai...




