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baby boomer generation.jpgBoomer, ovvero membro della generazione composta dai nati nel Dopoguerra, tra il 1946 ed il 1964, momento storico contraddistinto da un’eccezionale ripresa dell’economia e da uno straordinario incremento demografico. Un fenomeno, per il quale gli angolofoni trovarono una neologismo particolarmente azzeccato: il cosiddetto “Baby Boom”.

Personalmente, essere calato in questo preciso contesto storico, mi ha sempre trasmesso una sensazione di benessere. La stessa, molto probabilmente, che spinse i miei genitori a regalare un fratellino al loro primogenito.

Nei panni del boomer, quindi, mi sono sempre sentito a mio agio.

Essere un ragazzino, negli anni Sessanta, fu un’attività davvero formativa. Perché privilegiò, in modo esponenziale, epocali rapporti umani. Totalmente differenti da quelli attuali.

Al mattino, l’obbligo ed il dovere di recarti a scuola. Dove allacciavi quotidiane relazioni con professori e compagni di classe, liberi dall’isolamento sociale provocato dai telefonini.

A pranzo, con la propria famiglia, col televisore inevitabilmente spento - perché la programmazione Rai era distribuita su soli due canali e prendeva vita solo a pomeriggio inoltrato - durante il quale assimilavi ulteriore conoscenza dalle conversazioni con gli adulti.Bonanza

Il momento dello studio, fatto rigorosamente con mia madre accanto. Al quale seguiva una mezzoretta dedicata all’amata serie western “Bonanza” e lo svago - prima di cena - con gli amichetti sotto casa. A patto che rimanessi sempre all’interno del campo visivo dei miei genitori.

In quei meravigliosi anni, la tecnologia fu quanto di più astratto potesse esistere per quella generazione. Computer, telefoni cellulari e robot, tutti di prima concezione, furono pane quotidiano solo per geni assoluti come Isaac Asimov, uno dei precursori del genere fantascientifico ed autore -  tra il resto - delle “Tre leggi della robotica”, pietra miliare dell’intelligenza artificiale, secondo le quali un essere meccanico deve difendere e non minacciare l’integrità dell’uomo, deve obbedire al suo volere e salvaguardare se stesso.

Nonostante la mia inesauribile propensione per la fantascienza, manifestata divorando grandi quantità di pellicole e libri sul genere, ho vissuto e vivo tuttora portandomi addosso una profonda ed alquanto paradossale repulsione per tutto ciò che è tecnologico.

Il lato oscuro del mio essere boomer.

Venerdì scorso, giusto per fare un esempio calzante con l’argomento che abbiamo più a cuore, prima di potermi godere in tivù il big-match tra Red Bull e Foxes, ho aperto con timore l’icona corrispondente a DAZN (neanche fosse il pulsante di autodistruzione del televisore), mi sono iscritto gratuitamente alla piattaforma digitale, tra mille ripensamenti, ed ho trovato pace solo quando sono apparse le immagini in diretta dalla EisArena di Salisburgo.

Credo di poter affermare, senza tema di smentita, che “quelle” immagini abbiano generato in tutti noi un senso di conforto - misto a consapevolezza - che avevamo tralasciato, in qualche cassetto della memoria, da un bel po’ di tempo a questa parte.

Biancorossi dominanti, nonostante il computo finale dei tiri in porta (34-25 pro Red Bull) potrebbe dimostrare l’esatto contrario, per la loro capacità di sopperire dall’alto di una disciplina tattica tenace come basalto alla consolidata organizzazione di gioco dei salisburghesi.

KurtKurt Kleinendorst non è e non potrà mai essere paragonabile al suo predecessore, Glen Hanlon.

Il “Defense First”, predicato da coach Glen, incontra certamente alcune analogie nell’impianto tattico applicato da mister Kurt. Le differenze tra i due sembrano sostanziali nel diverso modo di dare vita al proverbiale “team building”. Momento in cui le due distinte scuole di pensiero sembrano provenire da pianeti diametralmente opposti.

Quando esce dal pancone governato da Kleinendorst, ogni giocatore è perfettamente conscio di dover rispettare anche linee di condotta sul ghiaccio che esulano dalla strategia impostata dal coach di Grand Rapids, Michigan.

Dottrina che, a livello individuale, ha letteralmente evoluto uomini come Matt Bradley (in special modo), Daniel Mantenuto, Jonny Vallini, Dylan Di Perna, lo stesso Chris DiGiacinto.

Emblematica, in tal senso, la grandissima prestazione fornita domenica sera da Enrico Miglioranzi, sceso sul ghiaccio con cambi regolari per colmare il vuoto lasciato temporaneamente da Philip Samuelsson.

L’impressione visiva che si ottiene guardando il singolo, e non il collettivo, e che sia pienamente consapevole di fare parte di una squadra. In senso strettissimo. Tutti si sentono utili e funzionali. Nel nome e nella salvaguardia del team. E dello spogliatoio.

La prima, e probabilmente più grande, conquista che ha saputo raccogliere coach Kleinendorst da quando ha fatto la sua apparizione a Bolzano.

 

Il team biancorosso sceso sul ghiaccio salisburghese ha messo splendidamente in atto ogni contromisura utile a rendere molto complicata la lettura del match ai pluricampioni in carica. Ed ha saputo raccogliere, in una progressione calma ma costante, i frutti dell’approccio corale. Tanto caro al coach biancorosso.

Quella dell’Eisarena è stata la grande serata di Jonny Vallini. Di Cole Schneider e Brett Pollock. Al termine della quale i Foxes hanno ristabilito immediatamente, e con gli interessi, le gerarchie stagionali con i Red Bull. Facendo sparire l’unica macchia sul mantello biancorosso, in questo avvio di ICE, fatta apparire proprio da Salisburgo, alla prima giornata di campionato.

Il match di venerdì scorso è stato un ottimo test anche per il divano di casa. Sollecitato da scomposte reazioni istintive, avute nelle diverse fasi dell’incontro.

Nel primo tempo si è avuta ben presto la sensazione che Gianluca Vallini fosse completamente a suo agio anche al cospetto dei Red Bull. Presente, concentrato e reattivo come solo i grandi goalies sanno essere, quando si ergono a difesa della propria gabbia.

Davanti, il Bolzano ha fatto subito capire ad Atte Tolvanen quale tipo di serata avrebbe trascorso. Minacciando, in modo grave ed efficace, il portiere finlandese fin dalle prime incursioni portate da Luca Frigo e Daniel Mantenuto.Pollock

Splendida la transizione scaturita in velocità, che ha portato al primo gol della serata. Appena Cole  entra in possesso del disco, dopo un rebound di Vallini, Brett Pollock parte come un missile sulla sinistra del terzo difensivo biancorosso. La difesa delle Lattine viene colta letteralmente di sorpresa e Pollock può giocarsi come preferisce il breakaway su Tolvanen. Disco sul rovescio ed incrocio dei pali spolverato di precisione. 

Bolzano è avanti. E ci rimarrà fino all’ultima sirena. Nonostante Matt Bradley si divori il 2-0.

Salzburg avrebbe anche diverse soluzioni per recuperare lo svantaggio. Ma sul solissimo Lukas Thaler, ad esempio, Vallini compie un’altra grandissima parata, a sventare la solare occasione.

Nel secondo periodo i padroni di casa evidenziano, ancora una volta, limiti nella copertura difensiva, già pagati a caro prezzo a Brunico.

Dennis Robertson esce col disco, dietro la gabbia di Tolvanen, con troppa leggerezza. Brett Pollock invece è predatorio nell’istinto di voler recuperare il puck. Assist al bacio per Cole Schneider, appostato sulla sua mattonella di competenza sulla sinistra del portiere, e Bolzano che centra il doppio vantaggio.

La terza frazione non è certo una comoda passerella per i biancorossi. Che devono affidarsi ancora al momento di grazia attraversato dal loro portiere per garantirsi l’auspicata immunità.

L’ideale muro, alle spalle di Vallini, resiste ad ogni assalto. E davanti è sempre un ispiratissimo Brett Pollock a procurare le grane peggiori all’avversario.

In questo modo si giunge al minuto 14, alla vera giocata di classe della serata.

GildonMax Gildon raccoglie il disco dietro la gabbia di Vallini, avanza fingendo lo scarico alle sue spalle prendendo così in contropiede Michael Raffl, appostato in zona neutra. Quella mezza pattinata di vantaggio sul numero 12 di Salisburgo risulta fondamentale quando Gildon oltrepassa la linea blu. Nonostante la difesa si chiuda a tenaglia sul nostro difensore, questi ha già deciso dove colpire Tolvanen. Disco sulla destra del portiere e divano che tiene in bellezza, senza scomporsi minimamente.

Sul 3-0 si gestisce meglio, osserverebbero anche i meno avvezzi. Tanto che Dustin Gazley avrebbe anche la possibilità di chiudere ogni discorso, con Bolzano in inferiorità numerica. Ma il quarto gol biancorosso è solo rimandato di qualche minuto.

Vallini prolunga il suo show, annichilendo sia Nikolaus Kraus che Michael Raffl. A coach Manny Viveiros non rimangono molte altre carte da giocare. Gli resta però, con grande anticipo, l’estremo azzardo di togliere Tolvanen per il sesto uomo di movimento.

L’assalto all’arma bianca dei Red Bull è feroce ma scomposto. E da una feritoia lasciata scoperta alle loro spalle, Brice Misley può partire di slancio, verso la gabbia vuota. 

È il gol dell’apoteosi, che genera quell’attimo di rilassamento collettivo temuto da Jonny Vallini, proteso all’inseguimento del suo terzo invidiabilissimo shutout della sua personale stagione. Benjamin Nissner recepisce l’opportunità lasciata dal nemico sul ghiaccio. E può finalmente infilarsi con più agio nello spazio libero, lasciato ad un metro dal portiere biancorosso.

Nello slancio, Nissner ed il disco vengono letteralmente avvolti dalla gabbia del Bolzano.RBS e HKO

Il dispetto delle Lattine è compiuto. Il terzo shutout di Gianluca Vallini viene meno. Ma finisce 4-1. Ed i tre fondamentali punti in palio alla EisArena sarà il Bolzano a portarli a casa.

Nemmeno il tempo di disfare i borsoni, e recuperare le energie fisiche e mentali, che i Foxes si sono presentati domenica pomeriggio al Palaonda per respingere l’assalto portato dalla capolista, l’Olimpija Ljubljana. Ergo, il miglior attacco della ICE opposto alla miglior difesa.

Feriti nell’orgoglio proprio venerdì scorso a Vienna, dove i Caps si sono affidati alla vena realizzativa di un ritrovato Sam Antonitsch (2 pregevoli gol su altrettanti assist del compagno di linea Christoph Kromp) per fare loro lo scalpo, i Draghi Verdi lubianesi sono stati costretti a mettere  in palio il loro primato sul ghiaccio di via Galvani.

L’avvio della gara è favorevole agli sloveni, molto brillanti e veloci nel terzo difensivo avversario e sorretti magnificamente davanti alla gabbia da un Lukas Horak in grandi condizioni di forma.

La prima penalità del match è propizia al Bolzano. Ma, in inferiorità numerica, con una transizione tanto repentina quanto efficace, il suo special team porta in vantaggio l’Olimpija con Miha Bericic, che buca un Sam Harvey non impeccabile, con un disco collocato tra pinza e gambale.

I biancorossi non subiscono il colpo e reagiscono immediatamente, sospinti dall’ammirevole incitamento della Curva Nord. I ripetuti attacchi portati alla gabbia ospite sono caricati a salve. Horak resiste e può levare il bastone al cielo quando due ex biancorossi confezionano la splendida azione che porta Lubiana sul doppio vantaggio esterno.

Alex Petan, conduce il puck dietro la gabbia di Harvey. In un istante scaturisce l’intesa con Ziga Pance, il quale taglia in due il terzo difensivo per superare implacabilmente Sam Harvey.

Per riaprire il match prima dello scadere del primo periodo, Bolzano avrebbe anche l’occasione giusta con Cole Schneider. Immagine fotocopia del gran gol di Pollock a Salisburgo. Disco sul rovescio ma traiettoria intercettata in modo miracoloso dal gambale sinistro di Horak.

Quando rientra sul ghiaccio, per dare vita alla seconda frazione, l’Armata Biancorossa deve aver recepito alla lettera le indicazioni del proprio coach. Perché riesce a sfoderare 20 minuti effettivi di hockey ad altissimo livello.

I biancorossi sono costantemente in anticipo sul disco, sulle diagonali di passaggio c’è sempre un uomo libero ad attendere lo scarico del compagno ed, alla lunga, la velocità delle giocate ha l’effetto di sgretolare inesorabilmente le certezze accumulate da Lubiana nel primo parziale.

SchneiderIn sette minuti Bolzano ribalta letteralmente gli sloveni.

In superiorità ci pensa lui, con la specialità della casa: il tocco sotto la traversa a ribadire in rete un disco vagante da un precedente rebound. Quando si declama il senso della posizione e del gol non si può fare altro riferimento se non a Cole Schneider.

Poco dopo il Bolzano potrebbe addirittura pareggiare con Chris DiGiacinto, sul quale Lukas Horak si salva in qualche modo. Dalla posizione privilegiata della curva sembra che il disco finisca in rete. Ma, per gli arbitri, si può proseguire. Poco male comunque. Qualche istante dopo, il 2-2 legittimo lo insacca Brad McClure, assistito perfettamente da un ispiratissimo Cole Schneider.

I Draghi Verdi spariscono progressivamente dalle parti di Harvey e Ben Cooper, l’Uomo di Vancouver, non sa più come impostare la difesa di Lubiana, nel tentativo di arginare quel vero e proprio fiume in piena che risulta essere il Bolzano del periodo centrale.

Nemmeno i time out ed i cool break giungono a soccorso dell’ex associato dei Red Bull. I biancorossi si spingono con sempre maggiore decisione in avanti ed ottengono il gol del vantaggio con Matt Bradley, messo davanti alla porta da un assist millimetrico di Enrico Miglioranzi.

L’Olimpija è alla deriva e Bolzano potrebbe addirittura dilagare, ancora con McClure e successivamente con Luca Frigo e Daniel Mantenuto.

La platea del Palaonda (3.000 anime entusiaste) è consapevole di quanto l’impresa biancorossa sia fruibile ed a portata di mano. E tende ad elevare con sempre maggior intensità il proprio sostegno, dai primissimi istanti del terzo e conclusivo periodo.

Mentre i tifosi si godono le giocate spettacolari dei biancorossi, al culmine di una di queste Scott Valentine e Brad McClure chiudono virtualmente il match grazie ad un’intesa che sfocia nel 4-2 interno.

Cooper si ritrova nella stessa condizione di Viveiros, quella di due giorni prima a Salisburgo.

Non sa più a quale santo appellarsi, anche se il dovere gli impone di pescare le ultime opzioni offensive disponibili nel suo book.

L’Olimpija va all’assalto della gabbia di Sam Harvey.Harvey

Alex Petan e Ziga Pance avrebbero anche il disco buono. Che Alex sbuccia sul palo interno e Ziga, a rimorchio, spedisce incredibilmente largo dai pali, ad Harvey battuto. Un segno del destino.

Nei minuti finali, nemmeno una doppia superiorità numerica, ed il successivo sesto uomo di movimento, corrono in soccorso di T.J. Brennan. L’Uomo della Provvidenza, il capocannoniere (6 gol e 7 assist) di questa Olimpija molto più che apprezzabile.

Lo special team sloveno, dove maggiormente brilla la classe cristallina dell’ex NHLer, è l’ultima arma a disposizione di Cooper a doversi arrendere all’evidenza.

Bolzano l’ha letteralmente ribaltata. Un altro pregio attribuibile a Kurt Kleinendorst.

Dopo i due fondamentali successi ottobrini di inizio mese, su Red Bull e Draghi Verdi in ICE, ed aver preso il comando di questa Lega addirittura con una partita in meno rispetto alle immediate inseguitrici (Lubiana e Salisburgo), questa sera (alle ore 19.45) un PalaOnda mai sazio di emozioni ospiterà il quinto appuntamento stagionale dei biancorossi in Champions Hockey League.

Gli ospiti, nella circostanza, saranno i tedeschi dell’ERC (Eishockey und Rollschuh Club) Ingolstadt, diretto concorrente del Bolzano nella corsa alla qualificazione verso gli ottavi di finale.

I Panthers, vincitori in primavera della regular season in DEL, di diritto per questo in CHL, sono guidati per il quarto anno consecutivo dal 54enne coach canadese Mark French ed hanno un solo punto in più in classifica rispetto al Bolzano (6, contro 5 dei biancorossi).

A due lezioni di finlandese, subite in casa alla Saturn Arena (1-3 con Ilves Tampere ed 1-4 con KalPa, le due regine in vetta alla classifica di Champions), sono seguite due nette vittorie consecutive in Svizzera: 7-3 a Zugo, con il locale Eissportverein, e 3-1 a Losanna.

In DEL, invece, il collettivo germanico ha un’andatura altanenante assai.

Insta QUAD. IngolsIn casa è capace di fornire prestazioni eclatanti, come la vittoria all’overtime di venerdì scorso per 6-5 su Straubing (secondo in classifica, dietro soltanto alle voracissime Adler di Mannheim) dopo un match ricchissimo di emozioni e ribaltamenti di fronte.

In trasferta invece arriva da tre sconfitte consecutive. L’ultima delle quali a Berlino (0-3).

Per trovare una vittoria di Ingolstadt fuori dalle mura domestiche, bisogna risalire allo scorso 14 settembre, quando i Panthers si imposero a Dresda per 4-2 contro gli Eislöwen dell’ex coach biancorosso, Niklas Sundblad.

L’avversario dell’Armata Biancorossa di questa sera ha punti di forza alquanto definiti.

La porta dei Panthers è difesa dall’esperto goalie statunitense Devin Williams, 29enne con doppio passaporto, da tre stagioni ad Ingolstadt.

In difesa, oltre all’ex biancorosso Peter Spornberger, risalta la presenza di Alex Breton, due titoli in Slovacchia con Banska Bystrica e Kosice. Un giocatore universale, che ama impostare la manovra ed uscire di zona per proporsi a rimorchio della linea d’attacco. Il perfetto identikit del giocatore eclettico. Come Mark Barberio o Max Gildon, giusto per fare paragoni a noi cari.

Il sistema difensivo adottato di Kleinendorst dovrà fare molta attenzione alle incursioni di Breton, capace di incasellare 4 gol ed altrettanti assist nelle prime otto uscite di DEL.

In attacco, infine, Ingolstadt esibisce due linee molto produttive, in termini di punti.

In prima viaggia decisamente forte il centro statunitense Myles Powell (4 gol, 2 assist in DEL) mentre in seconda, vera e propria punta di diamante, troviamo l’ala Riley Barber (6+4) uno sniper che ha saputo trovare il giusto affiatamento con i suoi due compagni di reparto: Daniel Schmolz e Peter Abbandonato (la scorsa estate in trattativa con i Foxes Bolzano, prima che il Dottor Knoll virasse definitivamente su Cole Schneider).

Il match di questa sera, vista l’importanza capitale - in chiave qualificazione - dei tre punti in palio,  sarà una vera e propria partita a scacchi, tra opposti panconi.

Da un lato Kleinendorst, dall’altro un coach altrettanto qualificato come French.

Bolzano arriva al primo bivio stagionale in piena fiducia ma Ingolstadt siamo certi che non si offrirà al PalaOnda come vittima sacrificale.

Quando si sarà chiusa la quinta parentesi stagionale di Champions, i Foxes potranno tornare a concentrarsi sulla ICE e sul primo attesissimo derby della stagione col Valpusteria, in programma venerdì 10 alla Intercable Arena di Brunico.

Il settore ospite è già esaurito da giorni. A testimonianza delle grandi aspettative riposte sul match.

All’interno dell’astronave gialla di Brunico il clima sarà rovente.

Sarà battaglia vera. Come da copione

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