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Assi di bastoni, capitolo 18 - La Genesi e la Linea dei Sogni

8 minuti di lettura

Nel libro della Genesi è scritto a chiare lettere, inequivocabili.

Nostro Signore impiegò sei distinti periodi di tempo per creare ogni elemento naturale che ci circonda. Quella singola parentesi temporale, Lui la qualificò come “giorno”.

Dopo aver dato vita ai cieli e alle terre, il settimo giorno l’Altissimo si fermò per recuperare le energie, profuse durante la Creazione. Necessario fu il sollievo procurato da quel momento di pace e riflessione. Tanto che Iddio lo santificò.

È per questo motivo che, noi comuni mortali, abbiamo appreso attraverso la Bibbia che la domenica altro non è se non il cosiddetto “Giorno del Signore”. Quello in cui si riposò.

 

Ora, fate attenzione. Con uno spericolato esercizio di fantasia, utilizzando effetti speciali mai provati prima d’ora, senza alcuna intenzione di scadere nella più banale delle blasfemie, provo ad immaginare il momento in cui l’Immenso si trovò a dover concepire le creature adatte ad abitare il luogo che le sacre scritture definirono come Paradiso Terrestre. E che noi oggi, più prosaicamente, conosciamo come Globo Terrestre. Diventato, ahimè, col passare dei millenni, un po’ meno paradisiaco rispetto al passato...

creazione

Forse, quest’idea così astrusa e paradossale, mi sarà probabilmente venuta in sogno. Ma provate a fantasticare - e di immaginazione ce ne vuole davvero molta, lo ammetto - il momento in cui possa essere possibile utilizzare il Sacro Canovaccio della Genesi su qualche aspetto della nostra vita quotidiana. A noi particolarmente usuale.

Trattengo il respiro ed azzardo...

Dopo essersi dedicato con il suo staff per sei distinti periodi di tempo, che molto più sobriamente loro definirono decadi, il coach dei Foxes - Glen Hanlon - riuscì nel suo auspicato intento di generare la Linea dei Sogni, col materiale umano a sua disposizione.

Fin dall’alba della stagione, sul ghiaccio di Corvara, l’uomo di Vancouver aveva posato gli occhi su di loro. Però, come insegnano suoi esimi e stimati colleghi, l’affiatamento e l’armonia di una linea d’attacco la potrai anche studiare a tavolino. Ma sarà sempre il ghiaccio ad emettere la sentenza definitiva.

Loro, la parte in causa, altri non sono se non i tre componenti della prima linea offensiva dell’Armata Biancorossa. Quella che sta facendo sognare anche il più pessimista dei tifosi biancorossi. Sulla quale si stanno già esaurendo aggettivi e paragoni. E che, sull’altro lato della linea orografica di confine, sta procurando più di qualche semplice sonno agitato a tutto l’ambiente d’Oltralpe, coinvolto nella Ice Hockey League.

Torniamo coi piedi per terra. Ed ammettiamolo, senza più alcun volo pindarico.

Zarr Orla Topa

 Per Matt Bradley, Adam Helewka ed Anthony Salinitri si può anche arrivare a scomodare qualche eroico terzetto del passato. Non siamo ancora ai livelli, presumibilmente, di Gates, Bruno e Lucio. Sempre nel non voler essere tacciati di blasfemia.

Orlando, Zarrillo e Topatigh hanno scritto pagine fondamentali dell’archivio storico dell’Hockey Club Bolzano. Tracce indelebili della loro coesistenza, che resteranno per sempre a dimostrare quanto quei tre ragazzi fossero unici e complementari. Che contribuirono, con il loro talento, a rendere solide le fragili esistenze dei comuni mortali, assiepati sulle gradinate del Palaghiaccio di via Roma, prima. E del Palaonda, poi.

 

Matt, Adam ed Anthony rappresentano il luminoso presente. Ma dietro di loro stanno germogliando intese altrettanto pregne di efficacia. Come quella da applausi tra Dustin, Brad e Chris.

Oppure, già certificata, tra Daniel e Luca. Sui quali il coach sta lavorando per trovare il giusto compromesso. Per affiancare loro (l’altro Daniel, il capitano, sembra essere ancora il prospetto ideale), un compagno di linea con le giuste caratteristiche, perché anche questo blocco possa aprire definitivamente le ali.

E volare sul ghiaccio, almeno fino alla prossima primavera.

Dietro di loro, non certo gli ultimi arrivati, ma solo in attesa di adeguato collocamento nelle rotazioni, troviamo Giordano, Michele e Braden.

Un discorso a parte, invece, meritano Mike e Pascal.

Il primo viene centellinato dal coaching staff. Come il corredo buono in occasione proprio del Settimo Giorno. Guai a chi lo sciupa, a chi non ne ha cura. Mike ha bisogno del ghiaccio come del pane quotidiano. Per tornare ad essere il giocatore, o buona parte di esso, che abbiamo tutti potuto ammirare nelle tante stagioni di appartenenza e militanza tra le mura del Palaonda.

Credo che il disegno, sul suo conto, sia chiaro. Portarlo a marzo nel massimo dell’integrità fisica e della condizione. Per poter contare, nell’assalto al titolo, sia sul 91 che sul suo carisma.

Per quanto riguarda Pascal, oramai l’ambiente biancorosso non dovrebbe più avere segreti reconditi per il granatiere in maglia 77. Il giovane Brunner ha compiuto a giugno i suoi 22 anni. È sempre sul punto di esplodere, e di affermarsi. Poi, però, per una ragione o per l’altra, perde aderenza - nel concetto di squadra voluto dallo staff tecnico -. E finisce, immancabilmente, per scivolare indietro nelle gerarchie. Fino a prova contraria, il ragazzo va supportato ed incoraggiato, a cercare anche dentro di sè il cambiamento. Perché il team avrebbe davvero bisogno anche della sua forza. Come della sua esplosività.44 e 27

Il gruppo non esisterebbe se non ci fossero anche i sette guastatori del reparto difensivo.

Jason ha lavorato moltissimo, e bene, fino a meritarsi i galloni di appartenenza al primo blocco. Al suo fianco “Valentrain” viaggia sempre spedito ed in perfetto orario. In caso di malaugurate sbavature nello svolgimento del lavoro sul ghiaccio, Jason è sempre stato un valido supporto per Scott. E viceversa.

Dylan oramai lo si conosce come le nostre tasche. Ha acquisito la mentalità. È perfettamente fidelizzato. Ha saputo sempre coniugare le prestazioni con la fedeltà ai nostri colori. Personalmente, non lo vorremmo mai veder languire sul pancone o in tribuna. Anche se, nelle logiche del turnover, qualche meritata pausa Dylan se la può finalmente concedere.

Un discorso un po’ diverso lo si può invece fare su Cole. Il giocatore non è assolutamente in discussione. Sta rialzando la testa dopo un periodo un filo nebuloso. Ed è progressivamente in rimonta nelle fiducie di coloro che si piazzano alle sue spalle, sul pancone. Forse Cole, una qualche nostalgia di suo fratello Mitch la nutre ancora. È davvero inutile e prematuro parlarne ora. Ma quei sussurri che girano in tribuna, sulla remota possibilità di un loro ricongiungimento, rappresentano solo un banale chiacchiericcio? Oppure qualcosa di sostanziale (e sostanzioso) bolle per davvero nel calderone dei Foxes?

Peter e Simon, per continuare nella nostra analisi di metà stagione, sembrano davvero essere stati separati alla nascita delle loro carriere sul ghiaccio. Viaggiano oramai con sincronismi a dir poco impeccabili. Anche loro, come è umano, possono cadere nel trappolone dello svarione improvviso. Ma oramai il loro affiatamento sembra essere arrivato al massimo del fondo scala dell’affidabilità.

Alle loro spalle, ma solo nel senso di essere stato l’ultimo ad entrare (o meglio, tornare) finalmente nel roster dei Foxes, c’è Enrico.

È mancato, e non poco, a tutto il gruppo. Aver recuperato la sua personalità, la presenza edificante in spogliatoio e la simpatia che lo contraddistinguono, rappresentano tutte insieme un altro grande vantaggio per il club. E naturalmente per la squadra.

Il capitolo dedicato unicamente ai guardiani solitari dei Bastioni del Regno è inevitabilmente denso di superlativi. Mentre lo scorso anno eravamo scossi e preoccupati per le prestazioni altalenanti di Niklas Svedberg, certamente non da considerare l’unico responsabile del disastro di inizio della scorsa stagione, oggi la realtà ci ha regalato consapevolezza. Di poter vedere, indifferentemente, o Sam o Gianluca, a capo della gestione dell’estrema difesa. Perché la loro prestazione sarà sempre da

considerare quanto di più solido ed auspicabile potremmo attenderci da loro.

Linea sogni

da roster HCB foto Vanna Antonello

Ma, ritorniamo alle origini della nostra anamnesi biancorossa. E tiriamo nuovamente in ballo i “Tre dell’Ave Maria”, la Linea dei Sogni, come ci siamo permessi di definirla. Col dovuto rispetto per tutti gli altri componenti del roster.

Il gol del 2-0 realizzato contro l’Olimpia Lubiana, dalla prima linea del Bolzano, è uno dei più belli realizzati nella Lega, in questa stagione. 

Recupero del disco nel terzo difensivo, l’appoggio su Salinitri che sale sulla sinistra del fronte d’attacco, il duetto con Bradley, mentre Helewka recupera la posizione sui compagni, a grandi falcate. Per andare ad attendere, sul secondo palo, l’appuntamento con l’assist scodellato perfettamente da Tony. Un gol stra-to-sfe-ri-co!

Una ciliegina sulla torta sfornata la scorsa settimana. E preparata per festeggiare adeguatamente le 500 presenze in maglia biancorossa di Luca Frigo, sempre più encomiabile per la naturalezza con la quale riesce ad onorare la maglia.

Oramai, il 93 Red and White è atterrato anch’egli nei libri che raccolgono, e raccoglieranno in futuro, le gesta dei nostri amati campioni.

 

“L’onore per lui esserci” si è trasformato col passare delle stagioni con “l’onore per noi averlo”.

Nei giorni scorsi c’è stato ovviamente modo e tempo per celebrare anche la pietra miliare collocata dal Bolzano lungo il suo cammino in questa Lega transfrontaliera.

Un traguardo volante, che segna un preciso spartiacque. Le 400 vittorie, raccolte in 12 stagioni.

La sceneggiatura sulla vita di Hockeytown è - e resterà sempre - in continua evoluzione.

Mentre la società del Dottor Key procede a piccoli passi verso il centenario, c’è una pagina bianca della sua storia che dal 2018 attende di essere riempita.

Dopo Tom Pokel e Kai Suikkanen, il prossimo sarà proprio Glen Hanlon?

To be continued... 400