(lettura 7 minuti) 8 novembre 1953
È una domenica. Ma non una qualunque.
In via Roma, il fervore tipico dei grandi avvenimenti.
La folla, animata da una condivisibile curiosità, si è progressivamente accalcata davanti all’ingresso dell’area riservata alle esposizioni dell’Ente Fiera.
Uomini in divisa, destinati all’ordine pubblico, garantiscono un corridoio libero alle autovetture degli ospiti illustri, affluiti per l’occasione.
È un momento importante per la città di Bolzano. Molto atteso. E carico di naturali aspettative.
Un grande giorno. Quello dell’inaugurazione ufficiale del Padiglione 1.
L’inconfondibile volta semicircolare.
Quella che avrà una doppia funzione. Anzi, tripla.
Oltre ad essere un ampio spazio espositivo per moltissime aziende della città, nei tempi deputati alla Fiera Campionaria, diverrà la Casa dell’Hockey, del Pattinaggio artistico e della velocità.
Inoltre, chiamerà a raccolta molte generazioni di concittadini, attratti da molteplici eventi.
Sportivi, musicali e sociali.
Un vero e proprio punto d’incontro. Unico nel suo genere per la città. Soprattutto per i giovani, di ogni estrazione, di diverso gruppo linguistico.
Che potranno socializzare liberamente e pacificamente. In un’epoca di tolleranza e transizione. Cuscinetto temporale, tra il buio della guerra e la luce della libertà.
Non ancora consapevolmente, in quella domenica novembrina, nacque il Mito di Hockeytown.
La città del Disco sul Ghiaccio, come veniva chiamato il nostro amato sport, nel Dopoguerra.
Dopo oltre 30 anni di estenuante pellegrinaggio - che i suoi praticanti iniziarono al lago di Costalovara e proseguirono alla pista naturale di Collalbo, alla tinozza ghiacciata di Kampill-Campegno, a quelle successive all’Oratorio di via Vintola ed allo Stadio Carducci, posto tra gli argini dell’Isarco e via Marconi, infine alla famigerata Siberia, lungo l’areale ferroviario ai Piani - la nostra città prese possesso del primo impianto, stabile e funzionale, riservato alla pratica degli sport invernali su pista.
Il Palazzo del Ghiaccio di via Roma.
Nonostante i meccanismi impolverati della burocrazia - e quelli di una politica più attenta alla ricostruzione che non alla ricreazione - la svolta al progetto avvenne quando si poté togliere il velo alla Fiera Campionaria d’Autunno.
Il 12 settembre 1948, nel complesso dell’attuale Palazzo di Giustizia in piazza Tribunale, si inaugurò in città la prima edizione della rassegna espositiva.
Già dodici mesi dopo, la manifestazione traslocò in via Roma usufruendo di spazi decisamente più consoni ed ospitali.
Quando vennero completati i lavori di allestimento del Padiglione 1, si intuì che si potesse dare anche un altro indirizzo al padiglione più importante dell’Ente Fiera.
Accadde nel momento in cui la presidenza dell’Hockey Club Bolzano passò di mano, nel 1951.
Quando Luigi Marcolla successe a Giacomo Gritti.
Il suo insediamento diede slancio a tutta l’attività.
Si lavorò ad un progetto sportivo solido e ad una programmazione a lungo termine. Ma non solo. La società mise la propria esperienza e le proprie risorse a disposizione dell’ente pubblico.
Che vennero recepite.
Dotato di impianto per il ghiaccio artificiale, sulla stregua del Palazzo d’Inverno di via Piranesi a Milano, quella struttura rappresentò per l’Hockey Club Bolzano la prima rampa di scale verso l’Olimpo dell’hockey italiano.
Domenica 8 novembre 1953, alle ore 15, si disputò il primo incontro di hockey su ghiaccio sotto le colonne in cemento del Palaghiaccio di via Roma, corrispondente al match di apertura della stagione ‘53-‘54: HC Bolzano - HC Milano Inter.
I biglietti dei numerati vennero fissati a 1000 lire. La tribuna laterale a 500 e la galleria a 300.
Nei due intervalli l’intrattenimento venne garantito da due assi del pattinaggio artistico: la tedesca Inge Gundula “Gundi” Busch (futura moglie di Gosta “Lill-Lulle” Johansson, l’ex tecnico svedese dei biancorossi, vincitore di tre scudetti consecutivi dal ‘76 al ‘79) ed il milanese Carlo Fassi.
Il tabellino del match:
HC Bolzano - HC Milano Inter 8-5 (2-2, 4-2, 2-1)
HC Bolzano: Huber (Stowasser), Matous, Wurmbrand, Tucci, Morlacchi, Bortolaminelli, Gardner, Blondin, Millard, Frasco, Mencarelli, Resch.
HC Milano Inter: Bolla, Bollani, Innocenti, Frapporti, Demers, Fontana, Gerli, Gioia, Zerbi, Agazzi, Branduardi, Crotti, Dennison, Mac George.
Arbitri: Dionisi di Milano e Stenico di Bolzano.
Come ricordato già lo scorso anno da Alessandro Romania, in un suo ricordo sull’attività svolta al PalaFiera, datato 27 novembre 2023, il primo gol al Padiglione 1 venne realizzato dal canadese del MilanInter, Robert Dennison. Il primo dei biancorossi, invece, portò la firma di Ken Gardner.
I milanesi vennero nettamente sconfitti, davanti ad oltre quattromila persone.
Un pubblico eccezionale. Che esprimeva passione, orgoglio, attaccamento ai colori sociali. Un incitamento costante che sosteneva i biancorossi. Sollecitando la loro grinta, il loro coraggio, la loro voglia di emergere e di imporsi, ad avversari oggettivamente superiori.
Il classico “uomo in più sul ghiaccio”.
Con il quale inseguire i sogni, la gloria, i successi.
Oltre al Mito indissolubile di “Hockeytown”, con il Palaghiaccio di via Roma nacque anche la Leggenda del Tifo Biancorosso.
Fedele, competente, appassionato.
Capace di sorprendere anche le stelle della National Hockey League, confluite nei secoli a Bolzano, perché allettate da contratti vantaggiosi.
E dal fantastico sostegno di cui erano capaci i tifosi biancorossi. Mica barzellette.
La linea Piranesi: Agazzi, Branduardi e Crotti.
Il primo match della stagione ‘53-‘54 fu significativo non soltanto perché coincise con l’inaugurazione del Padiglione 1 di via Roma. Ma rappresentò - inoltre - uno dei primissimi match nei quali si esibirono i componenti della leggendaria Linea Piranesi, resa famosa anche dall’acronimo ABC. Composto dalle iniziali dei loro cognomi...
Il numero 8 lo vestiva il più talentuoso dei tre, Ernesto Crotti, detto Tino.
Il 9 lo volevano dare ad un veterano della squadra. Ma lui, Giampiero Branduardi, appena diciassettenne, dimostrò di che pasta era fatto. Non volle sentire ragioni e strappò quella maglia dalle mani del magazziniere.
Il 10 lo indossava da tempo il “Bambino d’Oro”, Giancarlo Agazzi.
8, 9 e 10.
I numeri di maglia dei tre fenomenali attaccanti che costituirono la straordinaria linea d’attacco che fece furore nell’Hockey Club Milano e in Nazionale. Una delizia per gli occhi dei loro tifosi, un eterno tormento per i difensori avversari.
Nati e cresciuti nel quartiere periferico di Porta Vittoria, a Milano, si conobbero da ragazzini.
Quando voltarono le spalle al gioco del pallone ed al nascondino nei parchi cittadini.
Il cortile lo frequentarono raramente, assieme agli altri ragazzini. Solamente nei mesi estivi. Quando il Palazzo d’Inverno di via Piranesi, posto di fronte alle loro abitazioni, era inagibile.
Nell’inverno del ‘47 Tino e Giampiero avevano solo 11 anni quando Giancarlo, quindicenne, già esordiva in serie A, nel girone di Asiago. Segnando il primo gol in carriera, al Merano.
Il padre di Tino lavorò per la società che gestiva il palaghiaccio. Il primo paio di pattini che il ragazzino indossò erano di quattro misure più grandi. Ma sovrapponendo sei paia di calze Tino su quei pattini già volava sulla lastra ghiacciata.
Una sera, trovò anche un bastone da hockey. Ed al posto dei dischi, introvabili, usò i barattoli.
Con lui, sul ghiaccio, anche Giampiero, suo coetaneo.
Mamma Branduardi era impiegata nella ditta attigua al Palazzo, la “Frigoriferi Milanesi”, di Marco Innocente Mangili, grande esperto del settore.
Mangili, imprenditore abile e lungimirante, la ribattezzò la “Fabbrica del Giazz”, rendendola famosa e molto più riconoscibile al popolo milanese.
Il giovanissimo Branduardi si intrufolava sulla pista ghiacciata da una porticina comunicante. Sua madre lo aveva sott’occhio e lui poteva liberamente pattinare e giocare con Tino.
Cresciuti a pane e hockey, verrebbe da dire.
Di certo l’intesa tra loro scaturì in età adolescenziale.
Nel ‘51 Giancarlo fece il suo esordio nell’HC Milano Inter vincendo il primo scudetto in carriera.
Tino venne lanciato in serie A dagli Amatori Milano e segnò una doppietta proprio in un derby contro i nerazzurri.
Giampiero invece segnò a raffica in serie B, indossando la maglia dell’HC Bocconi Milano.
I tre amichetti di Porta Vittoria, che impararono insieme a pattinare ed a giocare ad hockey nel palaghiaccio di fronte a casa, vennero finalmente riuniti sotto gli stessi colori, in un pomeriggio di fine estate del 1953. Quando Ernesto “Tino” Crotti fu l’ultimo dei tre a siglare l’accordo con l’Hockey Club Milano Inter.
Ritrovando Giancarlo Agazzi e Giampiero Branduardi.
Da quella fatidica domenica, 8 novembre 1953, il Palazzo del Ghiaccio di via Roma aprì il ventaglio delle possibilità non soltanto alla sua gente. Ma anche alla Federazione.
HC Bolzano 1953 da sinistra: Wurmbrand, Tucci, Blondin, P. Resch, Frasco, Morlacchi, Matous, Bortolaminelli;
Millard, Mencarelli, Ferraris e Gardner.
L’impianto di ghiaccio artificiale di via Roma, il terzo in Italia dopo quelli di Milano e Torino, garantì stabilità, programmazione, opportunità. Per le principali attività federali. Legate all’hockey, al pattinaggio artistico o a quello velocità.
La Fisg introdusse in Serie A la regola del girone unico.
Vi parteciparono otto squadre, sei del Nord-Est (Alleghe, Asiago, Auronzo, Bolzano, Cortina ed Ortisei) e le due acerrime nemiche milanesi: Milano Inter e Diavoli.
La stagione, come voleva una consumata tradizione in voga in molte nazioni europee, saltava da un turno di campionato al torneo internazionale di prestigio, costringendo talvolta le squadre a veri e propri salti mortali per riuscire a rispettare il calendario dei rispettivi impegni.
In campionato, il Milano Inter infilò sette vittorie su sette incontri, aggiudicandosi lo scudetto.
I biancorossi, invece, grazie al nuovissimo palazzo del ghiaccio ed alla spinta inesauribile del suo meraviglioso pubblico, chiusero la stagione con la soddisfazione di risultare il miglior attacco della serie A (90 reti complessive).
Un primato non casuale. Che testimoniò la fondamentale propulsione costituita dall’incitamento delle quattromila anime di via Roma.