Il recente invito che l’Hockey Club Bolzano ha rivolto alla squadra svizzera HC Ambrì-Piotta, per la partecipazione alla seconda edizione del Südtirol Summer Classic, ha riportato alla mente ai più anziani il filo rosso che negli anni ’50 del secolo scorso aveva avvolto la storia delle due società. Il trait d'union tra i due sodalizi fu la figura di Milan Matouš; personaggio che ha lasciato, sia in Levantina che in Alto Adige, un ricordo bellissimo.
Infatti in Svizzera è celebrato come uno dei principali artefici della prima promozione in Lega Nazionale A (SUI-1) quando nella stagione 1952/53 Milan ricopriva il ruolo di giocatore/allenatore. Mentre a Bolzano è rammentato sempre nella stessa veste nella stagione inaugurale del palazzo del ghiaccio di via Roma quando venne allestita una super squadra per i tanti incontri internazionali in cui l’HCB fu impegnato e successivamente per il suo ritorno come allenatore qualche anno dopo. Sempre a Bolzano, nel Tennis Club cittadino, Milan ebbe la possibilità di praticare e insegnare per diversi anni la sua altra grande passione.
Ma cerchiamo di ripercorre sommariamente la carriera di un così eclettico sportivo.
Milan Matouš nasce a Praga il 4 marzo 1923 e inizia a frequentare fin da giovane il circolo tennistico cittadino I. ČLTK Praha (I. Český lawn–tenisový klub – 1° tennis club su prato ceco) sito sull’isola di Štvanice, che da metà anni ’30 nel periodo invernale, ghiacciando i campi, allestiva anche una squadra di hockey su ghiaccio. Divenne quindi sia un eccellente giocatore di tennis che di hockey su ghiaccio.
HOCKEY SU GHIACCIO
Il I. ČLTK Praha si iscrive nella stagione 1936/37 al Campionato regionale Ceco – girone di Praga e Boemia centrale dove arriva secondo e vince lo spareggio promozione contro il SK Královo Pole per 6:1. Nel campionato nazionale di Cecoslovacchia (TCH-1) del 1937/38 è subito competitivo arrivando secondo del suo girone dietro a i concittadini del LTC Praha (Lawn Tennis Club Praha), che vinceranno la finale per il loro secondo titolo (ma vantavano in bacheca già 4 Coppe Spengler). Dopo alcune stagioni di assestamento I. ČLTK Praha vince il titolo di Campionato di Boemia e Moravia 1940/41 davanti agli storici rivali del LTC Praha. L’anno successivo il risultato si inverte con LTC davanti al ČLTK.
Milan Matouš entra in prima squadra a 19 anni nella stagione 1942/43 con il ruolo di difensore, quando l’ I. ČLTK Praha si deve accontentare del secondo posto dietro al solito LTC, come avvenne anche nella successiva stagione 1943/44.
Dopo un anno di interruzione per gli eventi bellici, nella stagione 1945/46, viene ripristinato Campionato nazionale di Cecoslovacchia (TCH-1). Le vincitrici dei due gironi sono e LTC e I. ČLTK che si incontrano nella finale che arride all’LTC per 3:1. La sfida in finale si ripete anche nelle due stagioni successive (1946/47 e 1947/48) e sarà sempre LTC a spuntarla.
In questo periodo Matouš, che continua a migliorare la sua tecnica, prende parte anche a 7 incontri con la selezione nazionale cecoslovacca siglando 3 reti.
Milan Matouš, primo a destra, in azione con la maglia del I. ČLTK Praha(archivio Matouš)
Successivamente al colpo di stato del febbraio 1948, che instaurò un governo comunista in Cecoslovacchia, molti sportivi abbandonarono il Paese tra cui Milan e moglie Helena Straubeova (tennista) che ripararono prima in Francia (Parigi) e successivamente in Italia. Si stabiliranno definitavene a Cortina nel 1954.
Il primo contatto con l’hockey italiano Matouš lo ebbe la stagione precedente quando tra San Silvestro e Capodanno disputò due incontri al Piranesi contro la squadra dell’HC Milano. I praghesi si imposero il 30/12/1947 per 7:5 e bissarono il successo il 01/01/1948 con il punteggio di 10:6.
Nelle stagioni 1948/49 e 1949/50 Milan fu ingaggiato dalla Federazione Italiana Hockey su ghiaccio (FIHG) come allenatore federale. Lo scopo era quello di cercare di migliorare le anbilità dei giocatori italiani, per fare ciò durante le stagioni disputò diverse partite (non ovviante di campionato) nelle file di differenti squadre per diffondere le sue conoscenze.
Nella stagione 1950/51 inizia il suo peregrinare nel ruolo di giocatore/allenatore, infatti viene ingaggiato dall’HC Davos con cui disputa la NLA e la Coppa Spengler senza risultati di rilievo. Rientra in Italia l’anno successivo nelle file dell’HC Milano Inter con cui vincerà il titolo di Campione d’Italia davanti all’HC Diavoli Rosso-Neri. Torna ancora in Svizzera la stagione successiva, questa volta in NLB nelle file dei bianco-blu dell’HC Ambrì-Piotta ed è tra gli artefici dell’impresa della prima promozione in massima serie per la squadra levantinese, con la famosa vittoria dello spareggio di sulla pista Dolder di Zurigo contro l’ EHC Basel-Rotweiss vinto per 7:3. Sarà proprio Milan a rompere il ghiaccio in quel delicato incontro siglando la prima rete; in quella stagione Matouš andrà a segno ben 17 volte nelle 11 partite di campionato diventando il miglior marcatore della squadra.
Ambrì 1953 - Milan Matouš al centro con i compagni di squadra Bixio Celio e Gemano Juri (archivio Matouš)
La stagione successiva viene ingaggiato dall’HC Bolzano, è una stagione importante per il sodalizio citadino con l’inaugurazione dell’impianto artificiale coperto della Fiera. I dirigenti bolzanini vogliono allestire una squadra che dia spettacolo sul ghiaccio portando così spettatori e possa impensierire le squadre milanesi nella conquista del titolo nazionale. La scelta come guida cade su Milan per le sue qualità sia di allenatore nonché la sua classe come giocatore e viene inviato in Gran Bretagna alla ricerca di stranieri validi per lo scopo. Rientra in Italia con un trio delle meraviglie Ken Gardner (CAN/GBR - 25 anni), Ken Blondin (CAN - 22), Clive Millard (GBR/CAN 21) che con lui in campo e assieme agli italo-canadesi Carmine Tucci e Richie Frasco faranno impazzire i tifosi bolzanini con sonore vittorie contro le squadre blasonate che man mano gli si presenteranno di fronte. Ad esempio ricordiamo l’incontro disputato a Bolzano con gli “amici ticinesi” dell’HC Ambrì-Piotta organizzato dall’allenatore cecoslovacco che terminò 13:5 per i biancorossi con Milan Matouš mattatore con 4 gol e 4 assist.
La stagione inizia con l’inaugurazione l’8 novembre del Palaghiaccio di via Roma con la vittoria per 8:5 sull’HC Milano Inter e termina con la conquista del primo titolo internazionale per l’HCB, la Coupe de La Haye nella città dell’Aia (Paesi Bassi) contro i padroni di casa e campioni in carica finlandesi del Tammerfors BK (l’odierno Tappara).
In campionato la squadra arriva seconda a 4 punti dall’HC Milano Inter. Per le regole federali solo uno dei tre stranieri (oltre a Matouš) poteva scendere in campo nelle 7 partite del torneo, venne scelto Ken Blondin che siglerà ben 28 reti con Matouš secondo marcatore della squadra a 20 centri.
1 marzo 1954 - Articolo Alto Adige (archivio Alto Adige)
L’allenatore cecoslovacco segue anche la seconda squadra dell’HCB che da qualche stagione disputa il torneo di Promozione (ITA-2). Anche qui il suo lavoro porta a buoni frutti, infatti i ragazzi bolzanini vincolo il girone provinciale e accedono alla finale di Torino contro i padroni di casa per la vittoria finale e relativa promozione. Purtroppo l’incontro non arride ai biancorossi che si devono arrendere per 10:3 ai più quotati avversari.
Nei tre anni successivi Milan lavorerà nel bellunese, zona in cui vive stabilmente la famiglia. Infatti nelle stagioni 54/55 e 56/57 gioca nelle file dell’CS Auronzo mentre nella stagione 55/56 nell’SG Cortina.
Nella stagione 1959/60 è nuovamente chiamato dai dirigenti biancorossi a Bolzano, questa volta solo in veste di allenatore, visto che a 36 anni ha appeso i pattini al chiodo. Il lavoro è ottimo con buoni risultati, tra cui c’è da registrare la prima vittoria in assoluto dell’HCB al Piranesi di Milano, 1:5 il finale il 15 gennaio 1960. La stagione sembra quella giusta e all’ultima giornata di campionato il Bolzano conduce di un punto sugli acerrimi rivali dei Diavoli HC Milano quando appunto manca solo la seconda partita da disputarsi al Piranesi. È mercoledì 17 febbraio quando i due sodalizzi si incontrano. La partita è emozionante e al termine del secondo tempo l’HCB conduce per 2:3 e sembra vicino al successo finale, ma in un terzo tempo da incubo in cui i Diavoli riemergendo dagli “inferi” ribaltano le sorti dell’incontro con un parziale di 5:1; il 7:4 finale permette ai milanesi di conquistare il loro secondo scudetto.
3 gennaio 1954 - Milan Matouš (primo a sinistra) con l'HCB in trasferta a Cortina per l'incontro di campionato, vittoria per 4:9 (archivio privato)
TENNIS
Milan Matouš eccelse anche nel gioco del tennis assieme ai connazionali Vladimír Černík e Jaroslav Drobný. Quest’ultimo un vero fuoriclasse, formatosi anche lui nel I. ČLTK Praha vanta 8 finali nei tornei dello Slam con 3 vittorie ma è stato anche campione di hockey con un oro ai mondiali 1947 e un argento alle Olimpiadi 1948). Con i compagni, infatti, prese parte per diversi anni ai due principali tornei europei: gli internazionali di Francia – Roland Garros e The Championship – Wimbledon.
Sulla terra rossa francese Milan è presente per 3 anni consecutivi (1949-1950-1951) nel tabellone del singolare dove si deve arrendere sempre al secondo turno (64esemi). Va un po’ meglio sull’erba inglese nelle 4 stagioni (1949-50-51-52) che lo vede protagonista. Miglior risultato il terzo turno nel 1951 nel tabellone principale e la semifinale nel tabellone degli sconfitti (All England Plate) nel 1949. Bravo doppista nel 1950 in coppia con Vladimir Černík arriva ai quarti, e con la moglie nel doppio misto nei quattro anni riesce sempre a giocare il terzo turno (il quarto nel 1949).
Tra il 1949 e 1953 vince 12 tornei singolari di tornei minori, come Cap d'Antibes (Francia), Montreux Palace (Svizzera) e Durham County Championship (Gran Bretagna), e perde altre 8 finali.
1949 - Milan Matouš (a destra) al torneo di Wimbledon in compagnia di Vladimír Černík (archivio Matouš)
A Bolzano Milan Matouš mette radici al Tennis Club Bolzano (circolo nato a Gries nel 1929) dove giocherà e lavorerà come Maestro per molti anni.
A tal proposito riportiamo un breve ricordo di Walter Basso (Presidente TCB 2000-2004) tratto dal libro “IL TENNIS CLUB BOLZANO-BOZEN nella storia e nei ricordi - Ettore Frangipane.
“Al tennis ero di casa e così potei impugnare per la prima volta una racchetta a cinque anni, ma la mia costruzione tennistica iniziò quando ne avevo 12 e incominciai a prendere lezioni nel 1956 dal grande Milan Matouš. Matouš mi prese in cura. Insieme a me altri bolzanini che giudicava promettenti, come Harasser, Frass, Prossliner . Dato che Matouš disponeva di una scuola di tennis anche a Cortina d'Ampezzo , ci faceva giocare in trasferta li, sui campi dell'hotel Cristallo: Bolzano contro Cortina. Erano le mie prime trasferte, entusiasmanti. Poi vennero anche i campionati federali a squadre . Non c'erano come oggi le suddivisioni per età: tutti gli Under 18 giocavano tra di loro, all'inizio era logicamente dura. C'era la "Coppa Bossi" e nel 1959/60 la nostra squadra era composta, oltre che da me, da Ossi Harasser, Florian Frass e Günther Prossliner. Eravamo bravi , tanto che nel '62 - avevo 18 anni - fummo classificati tra i primi otto d'Italia.
Poi venne l'inverno tra il '62 e il '63 . A Bolzano non disponevamo di campi coperti. E allora Matouš - che alla Fiera era di casa perché ci gioca va a hockey, - riuscì a metter le mani su un capannone vuoto, lo coprì di grandi pannelli di legno sui quali tracciò le linee di un campo, e ci andammo a giocare ed allenarci . Ricordo i nomi di qualche socio tra i più anziani: Ander Amonn, Mario Behmann, Günther Dusini, Italo Bressan. Ma ricordo soprattutto il freddo, il grande freddo che soffrivamo là dentro. Ma fu lì che completai la mia crescita tennistica: la primavera successiva – se mi si consente il termine – esplosi. E fui subito seconda categoria.”
Indubbiamente la storia sportiva di Milan Matouš è molto avvincente dimostrando la sua grande passione che riuscì a trasferire anche alle nuove generazioni, ma come ultimo tassello della sua lunga storia vogliamo riportare alla luce quello scritto dal giornalista Beppe Servegnini nel ricordare quando nel 1990 fu inviato da Il Giornale di Indro Montanelli ad intervistare Václav Havel (ultimo presidente della Cecoslovacchia e primo della Repubblica Ceca) e fece la conoscenza proprio con Milan Matouš.
“…. Da quando è presidente, vive braccato da giornalisti, diplomatici, politici e questuanti; tutti, rigorosamente, con il suo numero di telefono. Ma nella fiera dell'est c'è sempre una sorpresa in agguato. La mia si chiamava – pensate un po’ - Milan. Niente a che fare con il calcio. Il signor Milan Matouš, che viaggia impettito verso i settanta, fuggì dalla Cecoslovacchia nel 1948 perché non voleva vivere agli ordini del comunista Gottwald. Era un atleta (nazionale di hockey su ghiaccio e componente della squadra di coppa Davis), aveva sposato un'atleta e ha una figlia atleta (Elena Matouš, campionessa di sci), la quale ha sposato un altro atleta: Fausto Radici, sciatore non boemo, ma bergamasco. Negli anni Cinquanta Matouš allenò la nazionale italiana di hockey su ghiaccio. Oggi vive in montagna, a Cortina d'Ampezzo, dove ha fatto amicizia con Giorgio Soavi. Questo - lo ammetto - avrebbe dovuto mettermi in allarme. Quando è tornato in patria dopo quarantadue anni - orgoglioso, con il suo vecchio passaporto - il signor Matouš voleva rendersi utile. Utile con tutta la passione, il trasporto e l'irragionevolezza di un boemo che ha deciso di rendersi utile. Utilissimo, insomma. Ci siamo conosciuti per caso.
Matouš aveva saputo che volevo incontrare Václav Havel, e ha detto: «Ci penso io». Ho spiegato allora che ottenere un'intervista era complicato. Milan Matouš ha ascoltato, poi ha comunicato la sua decisione: sarebbe salito al castello e avrebbe convinto il presidente. Ho ringraziato, ho ripetuto che sarebbe stata una passeggiata inutile. Milan Matouš ha sorriso. Il sorriso paziente di chi vive sulle Dolomiti, e sente dire a un milanese che qualcosa è impossibile. Penso che si ricorderanno per un pezzo di Milan Matouš a Hradcany, dimora dei re di Boemia, residenza dei presidenti. Dopo essere arrivato fino alla segreteria di Havel, aver abbracciato la ginnasta Vera Cáslavská, aver salutato le guardie del corpo e le dattilografe, Matouš ha spiegato a tutti che Havel era un uomo morale, e aveva perciò il dovere morale di concedere un'intervista al «Giornale» di Montanelli, che aveva sempre parlato bene di lui, e male dei comunisti.
Poiché gli ardimentosi sono anche fortunati, Havel è uscito in corridoio. Milan Matouš è partito all'attacco: «Presidente, sul muro della sua camera, quand'era bambino, c'erano dipinti alberelli e coniglietti. » Václav Havel, che è abituato a sentirsi dire di tutto, ma non che è cresciuto tra alberelli e coniglietti, si è fermato di colpo: «È vero. Ma lei come lo sa?» «Perché li ha dipinti mia moglie, che era buona amica di sua madre», ha spiegato Matouš con la logica rigorosa di chi vive sulle Dolomiti. «E adesso - ha aggiunto con un gran sorriso - lei deve dare un'intervista al Giornale, che su di lei ha scritto tante belle cose». Poiché gli Havel sono estrosi almeno quanto i Matouš, l'intervista è stata concessa, e l'abbiamo pubblicata. Oggi volevamo soltanto ringraziare l'amico di Soavi, e i coniglietti del presidente.”