user_mobilelogo

L’uomo e la sua barba bianca stanno risalendo con passo placido la dolce china ammantata di rugiada. La costante nebbiolina delle prime ore del giorno, quella in cui quel vecchio affondava con leggerezza i suoi sandali, si è oramai dissolta alla luce di un soleggiamento quasi imbarazzante.

“Spero non ci sia già qualcuno ad attendere il mio arrivo...”.

Un istante dopo aver proferito sommessamente il suo pensiero, quell’uomo viene colto da un lieve abbattimento. Nello scorgere due impazienti figure, a lui note, proprio a ridosso di un vecchio cancello.

“Pietro, era ora!”, fa il più giovane dei due.

“Stai invecchiando, mio caro - rincara l’altro -, ogni giorno aggiungi qualche minuto di ritardo alla tua tabella di marcia!”.

L’uomo si liscia con la mano destra la sua candida barba imperlata dall’umidità mattutina. E, misurando le parole, non può esimersi dal rispondere loro a tono.

“Ma voi non dormite mai? Nemmeno la notte di Natale? Magari siete in giro da ieri sera, vero?”

Alle parole di Pietro i due reagiscono con una gustosa risata. Ribattendo con una salace risposta, pressoché immediata.

“Guarda che ci siamo alzati prestissimo. Proprio per smaltire le libagioni della vigilia. Così, ci siamo dati appuntamento mentre albeggiava, per un’uscita in bici assieme a Fausto. Poi lui, al solito, se n’è andato via al suo ritmo, al primo tornante. E noi non abbiamo potuto far altro che fermarci alla fonte. Una rinfrescata veloce ed era già ora di venire qua...”.

“Dai amico, tira fuori le chiavi del regno! Ed apri questa porta!”

Questa volta, alla richiesta dell’altro, Pietro ha la risposta pronta...

“Ringraziate il giorno in cui ho fatto una copia delle mie chiavi. Il Titolare mi ha chiesto giorni fa quelle originali, con la scusa di dover andare a Roma per i regali. E non me le ha piu restituite!”

Un po’ macchinosamente, le porte del cancello si spalancano.

Con il solito lieve cigolio di sottofondo.

“Questo posto... è un vero paradiso!”, esclama Romeo, dirigendosi verso le tribune del PalaFiera, riprodotto qui - fedelmente, fino all’ultimo mattone - dopo essere stato abbattuto in via Roma.

“Cosa credi che sia? - reagisce Giuliano, particolarmente piccato -. Il purgatorio? Ieri sera ero a cena con le guardie che ci lavorano. Non ne possono più. C’è un’infinita coda quotidiana alle purificazioni. E loro, sono i soliti quattro gatti. Che non ce la fanno più. Né a gestirla, né a contenerla!”.

“Dai, Ciccio... stavo scherzando. E tu, come sempre, non lo capisci. Metti in moto le manine sante. Che dobbiamo fare il ghiaccio!”.

I due ex portieri, in odore di santità per la loro combattività in vita - perciò in attesa di essere collocati nel cielo immateriale più appropriato - imbracciano due pale dalle grandi braccia per cominciare l’operazione di lisciatura della piastra ghiacciata.

A quell’ora del mattino, ci sono soltanto loro nell’impianto celeste riservato all’hockey su ghiaccio. Prima che arrivino gli altri, hanno il tempo di condividere amabilmente ricordi ed aneddoti di varia natura. Avversari e compagni che, in vita, avevano condiviso con loro mille e più battaglie.

Ad un certo punto, Giuliano fa: “Romeo... Te lo ricordi Don?”

“E come potrei dimenticarmene, Ciccio?”. 

Gli occhi di Giuliano si illuminano quando comincia a raccontare.

“Olimpiadi di Cortina d’Ampezzo del 1956. Quelle di Toni. E di Renzo, il “rosso volante”,  primo evento sportivo in assoluto ad essere trasmesso in diretta televisiva. Fui uno dei portieri convocati da Bibi, il nostro selezionatore, la leggenda dell’hockey elvetico”.

“Quindi?” - incalza Romeo.

“Don, l’invalicabile portierone degli Stati Uniti, una specie di idolo ai miei occhi. Me lo ritrovai di fronte allo stadio Olimpico, in una rotazione degli allenamenti tra le varie Nazionali. Era calata la sera e chiesi al primo fotografo vicino a noi di prendere la sua Kodak perché ci immortalasse proprio davanti alla porta. Foto che riuscii anche a farmi autografare da Don”.

Oltre a rubargli qualche gesto tecnico importante, Giuliano si divertì a replicare in Patria il suo stile di pattinaggio, molto americano, appariscente, con i pattini sollevati fin sopra al ginocchio. 

“I nostri tifosi mi adoravano - ricorda Ciccio - senza sapere che mi ispiravo proprio a lui...”.

“Ricordo - interviene Romeo - che facesti una memorabile partita contro il Canada. L’Italia doveva assolutamente vincere per passare il turno. L’Olimpico era strapieno di gente. E tutti a tifare per gli Azzurri. La nostra prima linea d’attacco (Tino, Giancarlo e Aldo) mise tantissima pressione a Denis (padre di Martin, 3 anelli e 22 anni coi New Jersey Devils) e Tino fece un gol spettacolare, portando in vantaggio l’Italia e facendo esplodere lo stadio”.

“Tino mi passò accanto subito dopo aver segnato l’1-0 - ricorda Giuliano - dandomi una carica pazzesca. Aldo fallì addirittura il raddoppio ed io parai davvero tutto!”.

Una voce, all’improvviso, si fece strada dalle tribune...

“Peccato che poi subisti il pareggio in modo maldestro!”

Riconoscendo il tono della voce, Giuliano si volta di scatto, esclamando verso un gruppetto sugli spalti: “Guarda Tino che mi copristi tu la visuale sul loro pareggio! Cosa fai qua, stiamo ancora lavorando!”

Giuliano e Romeo, abbandonando i loro attrezzi sul ghiaccio, vanno a riabbracciare i loro amici.

“Ragazzi! - interviene Giancarlo -, cosa avete da urlare? Vi hanno sentiti tutti all’Empireo”.

Giuliano e Romeo si stringono a Tino e Giancarlo in un sol abbraccio. Mentre un terzo uomo, più avanti negli anni, resta un filo in disparte.

“E lui? Chi sarebbe?”.

Alla domanda di Romeo, Tino risponde guardandolo in modo estremamente sorpreso.

“Ma come Romeo, parlate tanto di lui e non ti ricordi di Aldo? È arrivato qui solo qualche mese fa. A maggio. Ci siamo fatti dare un permesso da molto in alto per andare al suo funerale a Sault Sainte Marie. E poi, lo abbiamo accompagnato qui”.

“Sapete che oggi c’è la partita, vero? Può venire anche Aldo, se crede”.

Tino risponde quasi infastidito...

“E perché pensi che siamo qua, Giuliano. La tanto attesa sfida di Natale: “H.C. Bolzano contro il Resto del Mondo”. Ho sempre pensato che voi bolzanini foste un tantino megalomani!”

“Senti come parla ‘sto nerazzurro cartonato! - interviene Romeo -. Da che pulpito ‘sti milanesi. Tra voi ed i cortinesi non saprei proprio chi buttar giù dalle nuvole!”.

“State calmi - esclama Giuliano -, oppure arriva Pietro e fa uscire tutti!”

“Tranquillo Giuliano! Il boss ha portato Pav a pesca. Non si faranno vivi prima di qualche ora”.

Dopo questa rassicurazione Giancarlo raggiunge gli altri, proponendogli un caffè al bar del Palazzo. Romeo e Giuliano, intanto, hanno già ripreso il loro lavoro.

“Il ghiaccio deve essere pronto entro mezzogiorno”, aveva ricordato Pietro a quei due.

“E tutto deve essere preparato a puntino. È molto probabile infatti che anche il Titolare possa fare la sua apparizione durante la partita”.

“L’ennesimo miracolo?” - aveva osato sussurrare Romeo, beccandosi la fulminante occhiataccia di Giuliano.

La gente comincia lentamente ad affluire all’interno di quella paradisiaca struttura.

Nene, Michi e Ivan sono tra i primi a sistemarsi in curva. Ci sono infatti gli ultimi ritocchi da dare alle coreografie.

Ieri sera Remo, il Santo, ha fatto entrare anche loro alla festa della vigilia organizzata in teatro. Quello dove si stanno ultimando i sound check del suo prossimo festival. Ballando e cantando a squarciagola quando gli Heaven 17 sono saliti sul palco. Non esattamente il loro gruppo musicale preferito. Ma quando John o Syd ti chiedono crediti impossibili in cambio delle loro esibizioni, ci si deve accontentare di ciò che passa il convento.

Gli eterni campioni del ‘63, anno del primo scudetto biancorosso, viaggiano sempre in formazione compatta. Ed immancabilmente, anche questa volta, entrano in fila indiana. Nemmeno fossero scesi dall’ennesimo pullman messo a disposizione da Alcide, il loro vecchio presidente.

Carmine, il loro leader, ha potuto portare solo una parte del gruppo. E, dovendo scegliere, si è affidato all’usato sicuro. Ovvero i “Ragazzi di via Bottai”.

Il primo di loro, Heini, alla fine degli anni ‘50 lavorò in quella strada da apprendista idraulico, nella ditta gestita dai fratelli Rieger. Ancora oggi l’ala sinistra ha due spalle da granatiere ed un fisico scolpito nel marmo. 

Dietro di lui, l’altro Heini, l’aspirante pasticcere. Bello e prestante, come un divo del cinema. Che lavorava nel laboratorio dello zio, posto proprio di fronte ai Rieger.

Sotto i Portici, da Sport Reinstaller, fu assunto Robert. Difensore un po’ macchinoso ma praticamente invalicabile agli occhi di chi aggrediva la sua linea blu di pertinenza.

Il quarto della compagnia di via Bottai era invece Sigo. I suoi avrebbero desiderato averlo sempre in negozio. Quello del fiorente mercato di materassi. Lui però non ne volle mai sapere. Privilegiando la sua vita da atleta ai panni consunti da commerciante.

“Speteme, ciò! Sai chi lo diceva? L’ultimo dei Mohicani!”

La sua voce era praticamente inconfondibile.

Ciccio e Romeo si girano di scatto, pregustando la sua ennesima scenetta.

L’altro Giuliano della compagnia, quello che giostrava spessissimo da ala ed era esilarante per le sue barzellette in dialetto veneto, aveva oramai il fiatone nel tentativo di raggiungere gli altri.

“Sei sempre l’ultimo. E spesso in ritardo, Giuliano!”.

Carmine non le manda certamente a dire quando qualcuno fuoriesce dai binari della disciplina.

“Fioi - disse Giuliano a Ciccio e Romeo - gò sempre le spalle al muro. Sarà mica che me ciamo Frigo de cognome?”.

E giù a sganasciare.

Carmine alza lo sguardo al Cielo. E si sorprende non poco nel vedere quante anime della Candida Rosa dei beati stanno ridendo a quella fulminante battuta.

“La prossima volta ti lascio sul pullman!”, sospira il leader dell’H.C. Bolzano edizione ‘62-‘63.

Alla spicciolata, arrivano anche Giancarlo, Charly, Jarda, Franco...

Visto che Romeo ha oramai a cuore solo la gestione dell’impianto, proprio Franco prenderà il suo posto tra i pali. Ricomponendo assieme all’altro Giuliano la batteria dei primi portieri biancorossi a laurearsi campioni d’Italia.

Poi, accolti da un lungo applauso, arrivano i due opposti coach della tanto attesa sfida natalizia.

Brian e Miro.

Anche se non possono certo dimostrare la loro militanza nei ranghi dell’Armata Biancorossa, la stima ed il rispetto nei loro confronti sono tali da obbligarli a rispondere con entusiasmo all’invito che gli era stato recapitato da Pietro in persona.

Quando invece Aleksander, Thomas e Frank fanno capolino all’interno del ricollocato Padiglione 1, il diffuso vociare cala di parecchi toni.

I tre si guardano attorno, quasi con stupore. Sono assurti da troppo poco tempo in questo Regno di Pace per essere già identificabili ai più.

Roman, Giancarlo e Marco, appena dietro al terzetto, li prendono sotto braccio con benevolenza. Dall’alto dei loro ruoli e della loro autorevolezza.

Poi, molto compassate, giungono anche le stelle straniere.

Come sempre, in testa a tutti, Gordie. Il celeberrimo “Mister Hockey”.

La vera Guest Star della giornata.

Al suo fianco, il trio tutto Canadiens composto da Claude, Jean e Guy. 

Eppoi Johnny, la giovane stella dei Columbus Blue Jackets.

Non sfugge a nessuno il momento in cui Jonah, Primo e Mohammed tentano inutilmente di mischiarsi tra le anime abbarbicate lungo la piccionaia del divin santuario dell’hockey. Non è la prima volta, e non sarebbe stata nemmeno l’ultima, che acclamati divi di altri sport tentino di confondersi nella massa di settore. Cosa che, tra gli ultraterreni, non è abitualmente concessa.

Ci sono ovviamente delle eccezioni, come accade ogni singolo giorno nel mondo reale.

Kobe ed Ayrton, ad esempio, sono tra queste.

Dall’ultimo convoglio, atteso davanti ai cancelli del Palazzo, scende una variegata compagnia - composta da Leo, Igor, Franco l’italoamericano, Ray, Dave, Tom e Darcy - intenti ad esaurire le battute di spirito, prima di calarsi nel mood agonistico che li attende.

Pietro, tornato a tempo di record dalla battuta di pesca in Galilea, scarica il borsone di Pav poco oltre il cancello.

Dopo averlo visto dirigersi verso gli spogliatoi, con sguardo colmo di ammirazione, il depositario delle Chiavi del Regno si apposta a guardia dell’entrata. Sapendo benissimo quali saranno gli ultimissimi convocati ad arrivare, fuori tempo massimo, a destinazione.

Gino e Bob. Gli incorreggibili.

Pietro percepisce il loro arrivo quando ancora non sono a portata di vista. Perché gli basta scorgere un nugolo di anime attorno a due figure appena delineate. Per capire che si tratti di loro.

“Non fare quella faccia Pietro! - attacca subito Gino, prima ancora che l’altro possa aprire bocca -. Con tutti gli amici ed i conoscenti che abbiamo ritrovato qui ci è quasi impossibile arrivare puntuali alle vostre convocazioni”.

Mentre Bob sottoscrive ogni minima sillaba del compagno di squadra, Gino riparte all’attacco.

“E tieni bene aperti gli occhi, Pietro. Perché ho visto qui intorno Giovanni, il cortinese “rosso de cavei”. Vedi di non farlo entrare altrimenti mi incazzo”.

Mentre Pietro rimane sul posto, muto ed allibito, una vera e propria ovazione accompagna l’ingresso negli spogliatoi delle due leggende biancorosse.

“Lasciateci passare, che siamo in ritardo! Diavolo Porco!”.

È un attimo.

Tutto attorno, il silenzio cala all’improvviso.

Pietro non può che mettersi le mani sui pochi capelli rimastigli.

Intuendo ciò che sta per accadere.

Un prolungato rumore sordo, accompagnato da vampate di calore, scuote l’Ambiente Celeste.

Qualche istante dopo, inizia un animato conciliabolo tra Pietro ed alcune demoniache presenze.

“Solo perché oggi è il compleanno del vostro Titolare, altrimenti...”.

Grazie all’esperienza maturata sul campo, Pietro riesce a dipanare velocemente una potenziale crisi diplomatica. Mentre riprende colore, tirando un sospiro di sollievo, il paradisiaco match di Natale è pronto ad andare in scena.

“Bravo Pietro - sottolinea Jakob -. Dai che dopo la partita aspetto anche te ai Bagni di Zolfo. Beviamo e mangiamo qualcosa, assieme ai giocatori”.

“Ci penso Jakob, ma tu vedi di cambiare nome alla tua attività. Lo zolfo si addice all’inferno. Non al paradiso...”.

In sala stampa Ugo e Michele sono accolti cordialmente da Ottorino e Gino, due veterani del giornalismo sportivo. Il microfono di Mario, invece, da qualche minuto sta scuotendo con decisione l’illimitato segnale della sua celestiale emittente.

Va subito in gol il Resto del Mondo, con Jean, lanciato alla perfezione in breakaway da un millimetrico taglio verticale in zona neutra di Mr. Hockey. Ciccio non può nulla nell’occasione anche se poi salva la sua porta, durante un’inferiorità numerica, in tre circostanze a distanza ravvicinata.

La partita è godibile, come ci si attendeva. E, come sempre accade a quelle altitudini, molte più anime del previsto hanno palesemente sforato i limiti di capienza del PalaFiera.

Segno inequivocabile del senso di vuoto e di nostalgia di chi non può nulla davanti all’irreversibilità del proprio destino.

Mentre il match prosegue tra innumerevoli colpi di scena, un solo seggiolino della tribuna numerata, non è ancora stato occupato dal suo legittimo proprietario. Il quale, facilmente distinguibile anche per l’originalità del suo nome - Ander -, fa la sua comparsa a partita in corso. Con una tale discrezione da sorprendere tutti i suoi vicini di posto.

Un segno del destino.

La sua apparizione coincide con uno splendido gol del “suo” Bolzano. Quello del definitivo pareggio. A realizzarlo è Ray, l’uomo dei gol pesanti. L’attaccante che “dovevi” assistere quando il tempo scarseggiava. E la posta in palio diventava sempre più alta.

Quell’entità di persone, prima ancora che di anime, che Ander seppe unire con tatto e diplomazia nella salvaguardia di valori importanti. In primis una reale e pacifica convivenza tra elementi di diversi gruppi etnici, fatti accomodare sotto lo stesso tetto, spronati con saggezza verso il conseguimento di obiettivi condivisi. Non solo a carattere puramente agonistico.

La sua fu l’epoca in cui nacquero di riflesso neologismi identificativi come “Hockeytown” o “Cuore Biancorosso”.

Quando la sua poltroncina rossa si svuotò all’improvviso, a causa del suo rapimento, avvenuto la notte tra il 17 ed il 18 dicembre del 1977, i biancorossi spinsero ancora più a fondo sull’acceleratore. Intuendo la sua ferrea volontà: non farsi piegare mai, nemmeno davanti a simili circostanze.

Ander venne liberato il 17 febbraio del 1978. I biancorossi, nella primavera dello stesso anno, festeggiarono la sua liberazione consegnandogli il quarto scudetto HCB della sua storia.

Il match di Natale, come il resto delle attività ludiche praticate lassù, non ammise vinti né vincitori. Anzi, dopo il solito memorabile spettacolo, speso in un vortice di inesauribili emozioni, si consumò un rito consolidato. Quello in cui giocatori e supporters si unirono a formare un unico abbraccio...

Lo stesso in cui, questa notte, avremmo voluto stringere idealmente le persone che ci mancano a quelle che vivono quotidianamente quaggiù, accanto a noi. 

Sarebbe un indimenticabile Natale.

Davvero.

Prima di chiudere, anche se sembrerebbe superfluo in alcuni casi, restituiamo l’identità completa a chi è lassù. Ed è stato citato solo col nome di battesimo.

In ordine di apparizione: Pietro, il primo Papa; Fausto Coppi, Romeo Tigliani; Giuliano “Ciccio” Ferraris; Don Rigazio; Toni Sailer; Renzo Alverà; Bibi Torriani; Tino Crotti; Giancarlo Agazzi; Aldo Maniacco; Denis Brodeur; Mark “Pav” Pavelich; Nene, Michi e Ivan: se stessi; John Lennon; Syd Barrett; Alcide Berloffa; Carmine Tucci; Heini Oberdorfer, Heini Bacher; Robert Psenner; Sigo Schlemmer; Giuliano Frigo; Giancarlo Benvenuti; Charly Longarini; Jaroslav “Jarda” Pavlu, Franco Viale, Brian Lefley, Miro Frycer; Aleksander Jaks; Thomas Commisso; Frank Caprice; Roman Gasser; Giancarlo Bolognini; Marco Biasi; Gordie Howe “Mr. Hockey”; Claude Provost; Jean Beliveau; Guy Lafleur; Johnny Gaudreau; Jonah Lomu; Primo Carnera; Mohammed Alì; Kobe Bryant; Ayrton Senna; Leo Insam; Igor Loro; Franco Gallo; Dave Tomassoni; Tom Milani; Darcy Robinson; Gino Pasqualotto; Bob Sullivan; Jakob Geier; Ugo Zucchermaglio; Michele Bolognini; Ottorino Scolfaro; Gino Sembianti; Mario Bertoldi; Ander Amonn; Ray Podloski.

Un sereno Natale a loro.

A tutti gli altri.

E, naturalmente, anche a voi...