“Se lo costruisci, lui tornerà...”.
Un amante della cinematografia sportiva saprebbe in quale film collocare uno dei momenti più iconici di una delle più belle pellicole dedicate al gioco del baseball. Ed alla sacralità con la quale il popolo americano (nel termine più ad ampio respiro geografico possibile) accompagna con devozione ogni evento legato alla disciplina del “batti e corri”.
Per chi legittimamente non conosce, o non ha mai visto, “L’uomo dei sogni”, film del 1989 che ha per protagonista centrale un assai giovane Kevin Costner (star del cinema che non ha mai nascosto la sua predilezione per il baseball, avendo dato il volto anche al ricevitore Crash Davis in “Bull Durham” ed al lanciatore Bill Chapel in “Gioco d’amore”), è basato su uno splendido romanzo di William Patrick Kinsella, del 1982: “Shoeless Joe” e ripercorre la storia di un agricoltore dell’Iowa che, suggestionato dalla ripetitiva frase “Se lo costruisci, lui tornerà...” percepita nel nulla della distesa dei suoi ettari coltivati a mais, decide di distruggere un intero raccolto di pannocchie per costruire al suo posto un campo da baseball a norma. Sul quale, una notte, appare lo spirito del grande Shoeless Joe Jackson e dei suoi sette compagni di squadra nei Chicago White Sox. Tutti implicati nello scandalo delle partite vendute durante le World Series del 1919 e che, per questo, furono squalificati a vita.
“L’uomo dei sogni” ha un forte impatto emotivo su coloro che amano il baseball. Per la cura della narrativa. Grazie alla quale Phil Alden Robinson, il regista, gioca con ogni singolo componente della fede e della religiosità che si celano nelle molteplici implicazioni di questo meraviglioso sport.
Pur non esistendo una definizione concreta, che possa spiegare il legame esistente tra Baseball ed Hockey, le due discipline hanno moltissimi punti di contatto. Ed è probabilmente per questo motivo che sono davvero tanti i praticanti di uno a mettersi in gioco anche nell’altro.
Anche nella nostra amata Hockeytown, in passato, molti hockeisti si dedicarono al baseball in estate. Tra i più noti certamente i fratelli Romeo e Giorgio Tigliani.
In un passato più recente invece, è più precisamente a metà degli anni Ottanta, fu Bruno Baseotto ad essere protagonista, con i compagni del Bolzano Baseball Club, di una clamorosa promozione in Serie A, ottenuta al termine di un drammatico spareggio col Cus Padova. Determinato proprio dalla decisiva eliminazione al volo in terza base - con la mano non guantata - di “The Fox” (alias, Bruno Baseotto).
Giorgio, Thomas e il papà Romeo Tigliani
L’uomo dei sogni ha avuto un forte impatto emotivo anche venerdì sera. Al PalaOnda.
Questa volta però il baseball, Shoeless Joe e Kevin Costner non hanno nulla a che spartire.
Perché dobbiamo doverosamente aprire il capitolo “Playoff 2025” descrivendo l’emozione che ha suscitato in tutto il palazzo l’apparizione di un grandissimo ed indimenticabile protagonista di un recente e glorioso passato. Uno che la maglia biancorossa l’ebbe tatuata sulla pelle. E che regalò al Bolzano, ed ai suoi devoti appassionati, stagioni e stagioni di inenarrabili gioie e soddisfazioni.
Stiamo parlando di Igor' Valentinovič Maslennikov.
A Bolzano, sbarcò un torrido giorno d’estate. Esattamente il 20 agosto del 1992. Ma non da solo. Assieme ad un fraterno amico e collega del CSKA Mosca. Tale Sergej Leont'evič Vostrikov.
Fu Pietro Nicolodi ad avere il privilegio di realizzare la prima intervista ufficiale - con tanto di interprete - alla fenomenale coppia di attaccanti. I quali, abituati alle monumentali strutture dei centri sportivi nell’ex Unione Sovietica, quando si ritrovarono al cospetto del Palaghiaccio di via Roma (l’anno prima che venisse inaugurato il PalaOnda) non poterono nascondere una certa perplessità.
All’epoca, l’allenatore dell’Hockey Club Bolzano era Ron Ivany e la società biancorossa era quasi sull’orlo del fallimento. Fu per questo motivo che incaricarono il generale manager Ron Chipperfield di sondare il mercato russo, molto più abbordabile rispetto a quello nordamericano, grazie alle riforme politico-sociali introdotte dalla perestrojka.
“Istruito sulle necessità che aveva il Bolzano di contrastare il dominio delle milanesi - ci raccontò tempo fa proprio Chipperfield sull’argomento - parlai con il secondo allenatore dell’allora Saima Milano, Juri Karmanov. Cercando di capire la situazione in cui versava il mercato dell’hockey a Mosca. Juri mi fece capire subito che in quel settore soldi non ne giravano. Che ci sarebbe stata la ghiotta opportunità di giungere a trattative vantaggiose. Andai a Mosca, per visionare alcuni giocatori. E mi focalizzai proprio su Vostrikov e Maslennikov. Sfortuna volle che persi l’unica occasione di vederli sul ghiaccio, perché indisponibili. Ricorsi ad alcuni video dei loro precedenti incontri giocati, ed avviai i contatti. Mi chiesero 150 milioni delle vecchie lire. Mi accordai per 30. Tanta era la carenza di liquidi sul mercato, in quel preciso momento epocale”.
Superato il netto scetticismo di Ivany, che non li vedeva minimamente nell’impianto di gioco che aveva in mente, tanto da essere già pronto a restituirli al mittente, Igor e Sergej vennero affiancati in prima linea da Martin Pavlu (l’unico della squadra in grado di sostenere la loro stessa intensità di pattinaggio). Ed a Bolzano iniziò una nuova era. Durata la bellezza di sette anni.
Quella del “Volga Express”.
Oltre 400 partite a testa per Igor e Sergej, 1.400 punti tra gol ed assist, 4 scudetti, un’Alpenliga
e soprattutto un Torneo Sei Nazioni.
“Semplicemente - scrisse di loro Michele Bolognini nel volume che celebrò i 75 anni di vita dell’Hockey Club Bolzano - la linea biancorossa più forte di tutti i tempi. Sette stagioni da sogno, cariche di gol, numeri
da circo e difensori a caccia di un analgesico per il mal di testa”.
Quando venerdì sera Igor Valentinovich Maslennikov ha scodellato simbolicamente il disco dell’ingaggio d’apertura prima di gara 3 tra Foxes Bolzano e EC Villacher SV, moltissime delle quattromila anime del PalaOnda hanno ripercorso con la memoria quegli attimi pressoché irripetibili. Che Igor ha poi potuto riassaporare, tra mille aneddoti, durante la cena con alcuni dei suoi vecchi compagni di squadra (Martin Pavlu, Kiki e Patrick Timpone, Ruggero Rossi De Mio, Christian Alderucci e Manuel Bergamo). Momenti di sorpresa mista a commozione quando qualcuno ha selezionato la più classica delle videochiamate perché anche Mike Rosati si unisse alla compagnia. Che si è poi congedata alla Sparkasse Arena, a notte fonda, proprio sotto il gigantesco murales dedicato a Gino Pasqualotto.
Il match di gara 4 dei quarti di finale tra Armata Biancorossa e carinziani, previsto alla Stadthalle di Villach questo pomeriggio - a partire dalle ore 17.30 - chiude idealmente la prima settimana del programma dei “Playoff” 2025 per la Ice Hockey League. Durante la quale molte cose sono accadute. E, aggiungeremmo: purtroppo, molte altre sono state dette.
Anche in maniera improvvida.
Domenica scorsa, i Foxes hanno saputo rompere lo spesso ghiaccio di una serie “best-of-seven” tutt’altro che agevole. Contro la stessa squadra che incrociò proprio ai quarti nel 2024. Lo scorso anno i biancorossi portarono subito il tabellone della serie sul 3-0 in loro favore. Ed il primo match-point venne in seguito annullato dal VSV proprio tra le mura amiche, al termine di un match nel quale il Bolzano non incise minimamente (perse 6-1). Anche a causa della serata di grazia attraversata dal suo goalie: il quarantenne Jean-Philippe Lamoureux.
Poi, l’11 marzo 2024, grazie alle reti di Brad McClure e Christian Thomas, i biancorossi staccarono il pass per la semifinale, superando i carinziani al Palaonda per 2-1.
Anche nell’attuale circostanza, il tabellone riporterebbe un 3-0 da comfort zone per la nostra squadra del cuore. Se, dopo la netta vittoria per 4-1 di domenica scorsa, maturata grazie ad un Dustin Gazley in grande spolvero ed uno Scott Valentine decisamente calatosi nello spirito dei playoff, non fosse susseguita la bruciante sconfitta (4-3) all’overtime di martedì scorso in Carinzia. Maturata nel modo che un po’ tutti hanno potuto notare.
A riguardo, non è assolutamente il caso di manipolare i contorni della realtà, affidandosi alla dietrologia o ad un certo fanatismo per i colori biancorossi.
Alexander Rauchenwald, il capitano delle aquile biancoblù, al termine della serata ha portato a casa il simbolico puck griffato con il suo eccezionale hat-trick. Evento che coniuga la serata di grazia attraversata dal giocatore con una quota parte di congiunzioni astrali a lui assolutamente favorevoli. Su quella decisiva, Sam Harvey, protagonista al solito di parate eccezionali ed autore di due strepitosi salvataggi sulla linea di porta, è arrivato sull’ultimo disco scagliato da Rauchenwald con un fottuto centesimo di ritardo. La pinza del Santo ha solo smorzato il proiettile. Che è andato a depositarsi lento e beffardo nella gabbia del Bolzano.
I fatti accaduti martedì corso hanno portato a galla alcune evidenze che vanno sottolineate.
Ai playoff, se concedi un intero periodo a qualsiasi avversario, non puoi pretendere di affidarti immancabilmente al tuo straordinario portiere. Nella speranza che sappia sempre come sopperire al gap di squadra.
Essere riusciti a recuperare due reti al Villach nel secondo periodo, ed un ulteriore svantaggio nel terzo, è un segnale positivo. I biancorossi sanno mettere il cuore. Soprattutto nelle situazioni sfavorevoli. Ma questo già lo sapevamo.
Le decisioni arbitrali in occasione dell’overtime hanno indirizzato l’esito del match. Il che non significa che siano state prese scientificamente nel modo sbagliato. Se il bastone alto che ha portato all’annullamento del gol di Benjamin Lanzinger è stato fin troppo evidente, in avvio di overtime invece è parsa alquanto dubbia l’ostruzione portata da Luca Frigo a Joe Cannata.
Si può e si deve imparare a rispettare l’operato della terza squadra in campo, per carità.
Ma l’espressione incredula del nostro numero 93, solitamente sobrio ed ineccepibile nelle sue valutazioni, resterà a nostro avviso un indizio rilevante sull’effettiva trasparenza - o meno - del video-review.
L’esito di gara 2 ha innescato inevitabilmente le reazioni più o meno composte dei tradizionali media che trattano l’evento hockey in via continuativa.
A nostro avviso, qualcuno è andato abbondantemente oltre la misura consentita dal buon senso.
Si possono - e si devono - ricercare le cause degli insuccessi. Come stiamo cercando di fare anche noi, dopo tutto. Ma nulla può autorizzare la critica a percorrere ambiti che non hanno nulla di sobrio e convenzionale. Ci riferiamo alla “sparata” che vorrebbe già Glen Hanlon al gate per l’imbarco di un volo senza ritorno. A prescindere dall’esito dei playoff. Reo di non avere la squadra in pugno - secondo l’analisi - e di aver già tirato i remi in barca. Non prima di aver addossato cause e responsabilità della situazione in direzione del suo staff, in primis: il suo assistente.
Valutazione che riteniamo ben più che inelegante. Anche per i toni. E la tempistica.
La reazione della squadra, al passo falso di Villach, è stata positiva.
I Foxes sono tornati in vantaggio nella serie. Grazie ad una vittoria di fondamentale importanza. In un momento topico del percorso nel ginepraio dei quarti di finale.
Il successo per 3-1 di venerdì sera è stato distillato dopo oltre due ore condite anche da una sofferenza che non si conosceva dai tempi della semifinale dello scorso anno contro Salzburgo.
Il gol sporco di Marco Richter, a due minuti dal termine del primo periodo, ha obbligato i biancorossi ad un inseguimento quasi affannoso. Ma che si è trasformato in atto concreto quando il Bolzano ha sottoposto Joe Cannata ad un vero e proprio bombardamento.
Allo stato attuale, le linee d’attacco del Bolzano denotano una marcata imprecisione sotto porta. Segno di una malcelata ansia da prestazione.
Serve uno deciso cambiamento, in tal senso. Uno switch importante. Magari una vittoria di spessore. Già da questasera. Perché l’Armata Biancorossa possa cambiare registro nel secondo campionato della stagione. Quello delle decisioni inappellabili.
Bolzano ha tutte le potenzialità per emergere definitivamente, anche in questi playoff.
Potrà riuscirci solo se saprà gettare, ancora una volta, sul ghiaccio tre elementi fondamentali.
Cuore, carattere e generosità. Da sempre nel suo DNA.