Un altro interessante articolo/intervista:

Il crack “in qualche modo diverso” del HCB: l'olandese Mike Dalhuisen ha 2 volti e un passato straordinario.

di THOMAS DEBELYAK (pubblicato sul quotidiano Dolomiten del 10 novembre 2022)  

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 Mezza dozzina di stecche da hockey in una mano, una valigia con le rotelle completamente imballata nell'altra, e sull’ampia schiena uno zaino gigantesco.

Quando gli “acrobati del disco” stranieri  dell'HC Bolzano, in piena estate, scendono dall’aereo in questo paese e vengono accompagnati da un autobus del club verso Bolzano, dal punto di vista logistico è sempre una piccola sfida.


Mike Dalhuisen certamente non ha avuto questo problema. Non ha fatto il viaggio verso il nuovo lavoro in aereo e nemmeno in auto.
No, il colosso difensivo ha guidato il suo camper in direzione Alto Adige.


"Durante il periodo di Corona ho acquistato un veicolo che era un ambulatorio dentistico mobile”, afferma entusiasta Dalhuisen, "ho poi convertito questo autoveicolo trasformandolo in un camper per  viaggiare con il mio amico Ira attraverso i paesi più diversi.

Naturalmente questa passione non arriva per caso. "Io sono olandese e quindi una “casa mobile” è quasi un obbligo".

 

• Una storia esotica.

Da agosto in poi, il camper di Mike è rimasto parcheggiato ad Appiano, così come, da agosto, l'olandese ha parcheggiato il suo “fisicaccio” da oltre 100 chilogrammi nella dimora del Bolzano Hockey. Il difensore 33enne incarna esattamente quello che i fan vogliono vedere: gioca senza compromessi, duro, e a volte trasuda sul ghiaccio un'aura temibile; sul ghiaccio è un leader con la sua “unità d’assalto” è uno dei migliori del team nella classifica plus/minus. 2

Guardando al passato c’è un Dalhuisen più emozionante, quasi commovente, aspetti che lo rendono un campione non ordinario fra quelli del HCB. Suo padre, come racconta un Mike aperto e in vena di confidenze, è sempre stato un fan dell'hockey su ghiaccio e così fin da piccolo si è cimentato in questo sport. Si è subito innamorato a questa disciplina, ma c'era un problema: è olandese, proviene da Nijmegen al confine con la Germania.
In altre parole, un posto dove l'hockey su ghiaccio è al massimo uno sport marginale. "Quando avevo 7 o 8 anni, andavo ai Campus di hockey in Canada. L’allenatore diceva a mio padre che avevo talento, ma per arrivare alla carriera professionistica avrei dovuto lasciare il mio paese e trasferirmi in nord America".
Dopo di che successe qualcosa che avrebbe segnato la sua vita.
"La mia famiglia è emigrata in Canada con me. I miei genitori e mia sorella piccola hanno rinunciato alla loro vita nei Paesi Bassi in modo da poter realizzare il mio sogno. Questo è ancora oggi la mia più grande motivazione".

• 25 scazzottate in una stagione

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Dalhuisen, il cui padre è un imprenditore globale, ha trascorso la seconda parte della sua infanzia in Canada nella regione dell’Ontario ed è riuscito effettivamente a giocare tra i professionisti, però senza riuscire a sfondare definitivamente in nord America. Ha giocato per 12 anni oltre oceano e come apice della carriera 12 volte in AHL prima di fare ritorno in Europa. “Ero stanco di quel hockey , ero mandato sul ghiaccio principalmente per gli scontri: in una stagione ho fatto fino a 25 scazzottate, avevo voglia di riassaporare di nuovo il piacere del gioco", così Mike ha avuto poi molto più successo in Europa, vincendo titoli in Danimarca e con il Salisburgo nella ICEHL l'anno scorso.


• 2 duri colpi del destino.


La vita di Mike Dalhuisen è stata segnata anche da colpi del destino che lasciano il segno. "Quando avevo 18 anni mia madre è morta di cancro, è stato un periodo molto difficile.
Nell’adolescenza ho anche perso il mio migliore amico, Bryan Rufenach. Durante unavacanza in Svizzera, è morto dopo essersi  arrampicato imprudentemente su un treno per scattare una foto dall’alto, ricevendo una forte scossa elettrica che si è rivelata fatale. Anche Bryan era un giocatore di hockey su ghiaccio”, si rammarica Dalhuisen, che da allora indossa la maglia numero 89 in memoria del suo amico.5

Così espressivo,  per certi aspetti armonico e profondo, sembrerebbe piuttosto un contrasto abbastanza netto rispetto a quando lo si vede giocare sul ghiaccio come un grintoso colosso della difesa.
"Ecco, sono un crack che fa proprio di tutto per vincere".

Vittoria,

questa è la parola chiave giusta per la domanda finale.
L’ HC Bolzano ha le carte in regola? Avete ciò che serve per sollevare il trofeo quest'anno?

Nell'intervista di 20 minuti finora svolta, Mike #89 aveva sempre argomentato eloquentemente e con molti dettagli.

Questa volta risponde solo brevemente, ma molto più deciso: "Sì!”

- tutte le foto: Valentina Gallina 
© -

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